Ora che ci è scappato quasi il morto con il caso Lotti-Csm, il segretario Nicola Zingaretti per scoprire gli intrighi del Pd dovrebbe chiedere a suo fratello Luca di rispolverare qualche vecchia indagine del Commissario Montalbano. Potrebbe iniziare da “Un covo di vipere”, per poi passare a “La Rete di protezione” e finire magari a “La caccia al tesoro”. Mandanti dell’”affaire Lotti”: Luigi Zanda, che avrà fatto inorridire il suo maestro ipergarantista, Francesco Cossiga, che del Csm aveva capito tutto già vent’anni fa, Dario Franceschini, recordman di giravolte e quel solito pierino di Carlo Calenda.
Nicola forse no, ma suo fratello Luca scoprirebbe subito che questa volta non è solo Calenda, specialista in voltafaccia, a rinnegare quelli che gli hanno spianato la strada. Lo fece con Luca Montezemolo, che lo scovò nei salotti di Roma; con l’imprenditore napoletano Gianni Punzo, che lo gratificò generosamente, con Mario Monti; con Matteo Renzi, che lo nominò addirittura Ambasciatore e Ministro; fino a Emma Bonino che prima ha usato e poi abbandonato al suo destino. Non meraviglia quindi nessuno che il figlioletto della Comencini lo faccia candidamente anche con Zingaretti. Questa volta, però, ha battuto ogni record. 24 ore dopo essere stato eletto in Europa nelle liste del Partito Democratico ha subito sputato nel piatto dove aveva appena mangiato. Con un’intervista a Repubblica, lobby che lo sponsorizza tanto, al punto che perfino la tessera n.1 del Pd Carlo de Benedetti gli ha sussurrato di non essere così schizofrenico. Ma questa volta Calenda si appoggia, seguendo i libri di Camilleri, ad “una rete di protezione” che Zingaretti non dovrebbe sottovalutare perché ha a capo un insospettabile: il Conte Paolo Gentiloni.
Una manovra sottilissima, qualche lusinga, qualche bugia e qualche minaccia, fino ad arrivare al primo tempo dell’operazione: regalare frettolosamente metà simbolo del glorioso Pd alla fantomatica sigla “Siamo Europei”, per evitare diaspore e presentarsi uniti. Ragionamento perfetto se fosse in buona fede. Finita la festa, invece, gabbato il santo. Subito dopo le elezioni, Gentiloni, che da Presidente del partito dovrebbe essere super partes, ha iniziato a muovere le fila di Calenda per creare uno spazio liberale che guardi al centro. In questa operazione Gentiloni ha dirottato su Calenda, perfetto per questo ruolo, alcuni suoi fedelissimi: Lorenza Bonaccorsi, Filippo Sensi, già renziano, Lia Quartapelle, qualche assessore in Toscana e una lista di peones tra Lombardia e Campania.
Ma il lavoro più difficile è quello sulla terza indagine: “La caccia al tesoro”. Spaccare il Pd è in questo momento un’operazione complessa, fare un altro partito molto costoso anche perché occorre raccogliere le firme. Ma il commissario Montalbano per aiutare il fratello qualche intuizione ce l’ha sempre e “curiosa assai”. Magari chiedendosi come mai sia scoppiato l’amore tra Calenda e il non proprio filantropo Soros, che pure un tempo era molto legato ad Emma Bonino la quale oggi, guarda caso e chissà perché, si sente tradita proprio da Calenda. Un altro indizio porta invece a Piazza Monte Grappa, dove nel cda di Finmeccanica siede un uomo vicinissimo a Gentiloni, Luca Bader.
Il commissario Montalbano si è fatto le idee molto chiare, chissà se riesce a convincere il fratello nel suo imperdibile dialetto “Nicola, oltre che la minchia, il partito ti scassano, u capisti?”. La maledizione delle diaspore a sinistra non muore mai. Anche se, piuttosto che a sinistra, si guarda al centro. Ma se si votasse il 29 settembre, viste le botte che stanno dando a Matteo Salvini, come si dice in pugilato, “fuori i secondi”. E Calenda immigrato a Bruxelles.
Luigi Bisignani, Il Tempo 16 giugno 2019