Chiara Ferragni, come Emma Bonino, ha poche ossessioni ma buone: i soldi, la vanità (anche se è meglio chiamarla “visibilità”), l’aborto. E, forse, ottenere un posto a tavola col Pd. Nell’attesa, ecco la “imprenditrice digitale” cavalcare una delle issue della sinistra decrepita, l’interruzione di gravidanza ossessiva. Lo fa nel suo curioso modo tra il situazionista e il patafisico: «FdI – scandisce, ovviamente su Instagram – ha reso praticamente impossibile abortire nelle Marche, che governa. Una politica che rischia di diventare nazionale se la destra vince le elezioni. Ora è il nostro tempo di agire e far sì che queste cose non accadano». Ssì, come direbbe Raimondo Vianello. Di sfondo, un selfie di una camera operatoria con un lettino nero.
Agire come? Coi “contenuti” sui social, è chiaro. Così lei posta, i boccaloni “likano” e lei incassa. Alla faccia del bicarbonato di sodio e anche della vecchia pompa da biciclo della Bonino. Ora, non è chiaro capire come e perché Fratelli d’Italia renderebbe impossibile l’aborto nelle Marche, a maggior ragione arguendolo dalla foto di una stanza d’ospedale. Ci sono per caso violazioni alla legge? Si registrano casi di aspiranti abortiste rifiutate e magari vessate dai medici obiettori? Può darsi, ma la “imprenditrice digitale” non lo spiega, non si sofferma, via, queste sono pesantezze, basta la parola. La sua parola di imprenditrice digitale che intraprende poco e sponsorizza molto, il che se mai la configura come vetrina digitale, come testimonial digitale. Ma sta’ a spaccà er capello, er crine di cavallo: qui facciamo fisica quantistica, siamo al gatto di Schrödinger, vivo e morto insieme.
Curiosa però questa Chiara, curiosi questi Ferragnez: quando le quotazioni calano e gli affari ristagnano, loro si buttano in qualche propaganda di sapore piddino. Una volta è il ddl Zan, del quale confermano di non aver capito niente, perché verosimilmente non hanno perso tempo a leggerlo; un’altra sull’aborto, che, si capisce, va benone per i feti poveri e disgraziati che non intraprendono digitalmente un cazzo. La vita è un pendolo tra il narcisismo e l’impugno, oggi una foto a chiappe nude, domani una crociata per i “povevi”, poidomani il selfie su un precipizio, a poche ore dalla morte di un incauto da un precipizio, poidomani ancora l’aborto bonino bonino: e tutti contenti e coglionati, i seguaci, i vorrei ma non posso del jet privato e i proletari convinti che più feti si rimuovono e più la società diventa giusta.
Quousque tandem, Ferragnez? Le ultime imprese social non hanno riscosso grande successo, le tettine al vento, il regginiente per mangiare al ristorante, le vacanze luxury, le foto sulla rupe hanno più che altro irritato il target, e allora si riciccia “l’impegno”. Ma credono davvero che siamo tutti scemi, cioè tutti follower?
Tutti no, una buona parte sicuro, visto che ai dritti gli va sempre dritta: già insigniti dal sindaco meneghino Sala del prestigioso Ambrogino d’oro “per meriti sociali”, consistenti nei video in cui lui passava buste con spiccioli (raccolti dalla colletta del pubblico) ai barboni direttamente dal finestrino della Maserati, oppure nelle feste di compleanno al supermercato dove volava un imbarazzante spreco di generi alimentari, voilà l’attacco alla Meloni con tempismo perfetto.
“Ora è il nostro tempo di agire e far sì che queste cose non accadano”. Tradotto: a ‘sto giro ancora non conveniva, ma le prossime elezioni io ci sarò, naturalmente col Pd. Tenetevi pronti, sarò la vostra voce, la vostra Giovanna d’Argent, likatemi, poi votatemi, che io sono un’azienda e, come per tutte le aziende, se gli affari non crescono, diminuiscono e questo no, non si può fare e per far crescere il fatturato tutto fa brodo, un culo per aria, un lettino nero, una visita al museo dell’Olocausto di cui, per diretta ammissione, non si sa niente.
C’è una cosa, nelle Marche, e chi scrive lo sa bene, a tutto pensano attualmente meno che all’aborto pop: siamo già abortiti, tutti, da prima di nascere a 90 anni, dopo un terremoto senza ricostruzione, una pandemia che ha disperso il salvabile, le spericolate sanzioni alla Russia che hanno messo in ginocchio interi comparti come quello calzaturiero del Fermano, tremila microfabbriche a conduzione semifamiliare, ottantamila addetti su una popolazione complessiva di centosessantamila, i produttori che partono coi campionari decisi a bucare l’embargo a costo di farsi arrestare perché tutto è meglio del fallimento, della fame nera. Nelle Marche c’è disoccupazione, angoscia, crisi e, come il caso di Civitanova insegna, violenza spicciola frutto dell’incertezza e della rabbia. C’è la forza della disperazione per non inabissarsi, e c’è una moria di poveri cristi che dopo le macerie non hanno più niente. Ma Chiara Chiara non lo sa. E chi scrive si è già pentito di averlo scritto, perché capace che questa coglie la palla al balzo e viene qua a farsi una raffica di selfie sui calcinacci, sui palazzi incerottati, intestandosi il dolore e il dramma per farne carne da social.
Max Del Papa, 24 agosto 2022