C’è chi lo dice sottovoce. Chi lo fa in maniera sfacciata. Chi vorrebbe ma non ne ha la possibilità e guarda con occhi sognanti i colleghi che, nascosti nella vastità delle campagne, organizzano matrimoni prima del liberi tutti del governo. È una sorta di ribellione silenziosa, una necessità che trova concordi gestori e sposi, con la complicità degli invitati. Niente green pass, al diavolo il “Covid manager”, chissenefrega del dpcm che fino al 15 giugno vieta feste, compleanni e banchetti nuziali dopo il fatidico sì. “Non si potrebbe fare – spiega un operatore del settore – ma io chiudo il portone, siamo nel bel mezzo dei campi coltivati, chi volete che ci senta?”
Brindisi in barba a Speranza
Basterebbe girare un po’ le location per capire che non tutte le coppie hanno rinunciato allo scambio dell’anello. In fondo le cerimonie (civili e religiose) sono ricominciate da un pezzo. Il problema erano, o meglio sono, i festeggiamenti che di solito ne seguono: cibo a profusione, musica, balli, convivialità. Molti hanno dovuto rinunciarvi, tanti hanno rinviato prima al 2021 poi al 2022. Alcuni invece – stufi di attendere il via libera di Roberto Speranza – hanno deciso di utilizzare i cavilli presenti nelle irrazionali regole imposte dal Cts per procedere senza modifiche al programma. Si può pranzare o cenare all’aperto, con tavoli composti da parenti o non più di quattro non conviventi? Bene: “Molti colleghi si sono organizzati per aggirare il divieto del banchetto fingendo che le persone fossero clienti separati arrivati in autonomia al ristorante”, spiega un altro operatore. Certo gli abiti eleganti degli uomini e i tacchi vertiginosi delle donne non nascondono il raggiro. E la presenza di una signora di bianco vestita con un bouquet sa di autodenuncia. Ma tant’è.
Banchetti, matrimoni e Covid
Non diremo né in quale città né in quale Regione chi scrive ha incontrato nello stesso giorno almeno tre eventi in corso in barba alle regoline chiusuriste del governo. Nozze, feste di compleanno, battesimi. Tutti a pranzo per evitare cene interrotte dall’inutile coprifuoco. Tavoli imbanditi ma a distanza. Un po’ di musica di sottofondo ma niente balli. E siamo testimoni del fatto che gli invitati mantenevano la mascherina e per quanto possibile le distanze. Infatti nessuno degli altri ospiti del ristorante ha chiamato la polizia in stile Alessandro Gassman. In fondo in pochi hanno capito per quale motivo la riapertura decisa lo scorso 26 aprile non abbia incluso anche il settore del wedding, straziato da un anno di rinvii causati dalla totale incertezza. Se cento persone sotto un dehor possono pranzare in sicurezza al ristorante, perché non dovrebbe valere anche per cento invitati alle nozze? E perché aspettare fino a metà giugno per permettere i brindisi?