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Ci odiano e non si sentono italiani: il vero pericolo sono i giovani islamici

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Secondo il ministro degli Esteri Antonio Tajani “Milano non corre pericoli immediati”, ma il questore Petronzi, che non è un politico o un euroburocrate ma uno sbirro dell’antiterrorismo, la pensa all’opposto: “Non siamo in grado di prevedere dove e come colpiranno, la minaccia è alquanto fluida”. Fluida per dire incontrollabile, e a girare a Milano si capisce subito, appena scendi dal treno. O, come piace alla Elly Schlein: “Non ci hanno visto arrivare”. Li abbiamo visti arrivare, li abbiamo coccolati, giustificati, abbiamo inventato l’impunità tutta per loro e non è bastato, non li vedremo arrivare con le loro bombe e scimitarre e allora piangeremo: Milano, comunque, è perduta.

Quanto all’Italia, si culla ancora sulle ceneri del lodo Moro, che ha quasi mezzo secolo: ma il mondo è girato le mille volte, Moro lo hanno eliminato, dopo averlo avvertito, gli americani di Kissinger usando le Br, non ci sono più soldi per la corruzione cautelativa e invece ci sono migliaia e migliaia di islamici inferociti. “Io sono musulmano, io se devo farlo ti ammazzo come mi ha insegnato mio padre”. A vedere il servizio mandato da Quarta Repubblica si capisce che ad avere ragione è Petronzi, il questore, non Tajani: ma possiamo dire che sale una insofferenza, un odio per queste facce da bulli, da possibili terroristi, comunque da canaglia che si sono presi Milano?

Sale per la semplicissima, impellente ragione dell’istinto; perché da questi non cavi mai una parola di dialogo, di comprensione, di distensione: non sembrano neanche umani, hanno ottenuto qua il benessere, la sicurezza, il rifugio che li spinse a fuggire eppure ti ringhiano con l’aria arrogante di chi è pronto a sbudellarti. E tu dovresti comprenderli, agevolarli? Tu, dovresti preoccuparti di una integrazione che nessuno di loro è disposto neppure a prendere in considerazione? Nutrono per chi li ha accolti, per noi, e qui il noi etnico e sociologico, culturale e politico ci sta tutto, perdio, nutrono il disprezzo del musulmano che considera l’altro, il diverso, una sottorazza da sottomettere e da eliminare: lo dicono, forte, chiaro. Si sentono superiori, e non sospettano quando in basso restino nella scala evolutiva.

Ed è perfettamente inutile, non si dica patetico, scenderci a dialogo: al teppistello egiziano che bofonchia, “questa è casa mia ma io mi sento egiziano, gli italiani mi fanno schifo, sono da distruggere insieme agli ebrei” non si fanno prediche, lo si prende, lo si impacchetta e lo si accontenta ossia ributta indietro, in Egitto o dove sia insieme ai parenti. Perché come minimo questi fanno l’apologia del terrorismo, dello stragismo.

Ma Milano, come dice con linguaggio da tecnico il questore Petronzi, ormai è loro. L’hanno presa, se la tengono in ostaggio, poi la assoggetteranno. Non hanno fretta ma hanno la cattiveria necessaria fin dai dieci, dagli otto anni. L’integrazione si è risolta in una scuola di odio generazionale, “mio padre mi ha insegnato a picchiare e a uccidere”.

In questa resa, vile, codarda, di Milano il Pd ha colpe gigantesche come ce l’ha ovunque, come ce l’ha nella Pordenone dove, similmente a via Padova, si inneggia alla jihad e ad Hamas. Gente come Majorino, al potere da 20 anni, ha responsabilità politiche incalcolabili. Ma non da solo, un simile stato di cose è andato bene anche alla destra delle Moratti e degli altri, dai leghisti di prima a quelli di oggi, secondo la solita tattica miserabile: abbaiare alla luna ma scendere a patti, convinti che il gioco sarebbe stato sempre lo stesso: imbarcare, sfruttare, irregimentare con la scusa della civilizzazione urbana. Ma non è più l’inizio del ventesimo secolo, prima grande migrazione contadina, e non è più la metà del secolo, il dopoguerra della seconda grande migrazione dei meridionali, i terroni che nel giro di una generazione diventavano dei milanesi più fanatici degli indigeni: la terza dei migranti magrebini o arabi o africani è una faccenda tutta diversa, refrattari ad adattarsi, feroci, senza voglia né capacità di ragionare, di scendere ai patti sociali e civili.

E si sono detti: piuttosto che finire strizzati in una fabbrica, che cascare da un ponteggio, nemmeno assicurati, meglio la delinquenza sotto il velo della religione e dell’identità. Le seconde, le terze generazioni sono nate, cresciute e radicalizzate qua; i balordi che da San Siro alla Barona si scannano non sono trapper, sono giovani che hanno capito come la delinquenza convenga: non rischiano niente, nessuno li tocca, godono anche di un seguito sui social. Un tragico abbaglio che ha messo insieme la sinistra ipocrita e la destra opportunistica, strette negli inciuci, negli accordi all’ombra delle consorterie, delle massonerie, dei rotary cittadini. Uniti nella convenienza e nella mollezza, reagire no, il pugno duro no che poi quelli s’incazzano. Bella democrazia, quella che rinuncia a tutelare i suoi cittadini!

Ci vuole tempo a realizzare capolavori del genere, ci vogliono decenni di politiche dello struzzo e di irresponsabilità spartita. Se uno va a leggersi due autori da posizioni opposte, la Oriana Fallaci e Giorgio Bocca, entrambi lanciavano l’allarme già all’inizio dei Novanta, anche prima: nessuno li ha ascoltati. E Milano non c’è più. Dove stava una metropoli c’è una massa informe, come una balena putrescente, sconvolta dalla chiamata alla guerra totale salita dal 7 ottobre a Gaza. Una imbecille ha chiamato la Radio Libertà ieri, mentre stavo in collegamento, per dire: a me Putin non ha fatto niente e Hamas nemmeno. E insultava, provocava. Ma non è vero che le cose restano dove stanno, le cose e le guerre sono la prima cosa a serpeggiare nel contagio: a Milano una donna rischiava per il sesso o per la borsa, di colpo rischia in quanto donna, femmina infedele, preda italiana.

Mi chiama un’amica ancora sconvolta ha ancora la voce che trema, che balbetta: due giovani nordafricani in macchina all’improvviso si mettono all’inseguimento, fanno i fari, suonano il clacson come invasati, lei che li vede urlare, gli occhi di fuori, affiancati in una corsa terrificante lungo viale Papiniano. “Perché non hai chiamato la polizia dalla macchina?”. “Non ci ho pensato, mi vedevo già morta, pensavo solo a mettere in salvo mio figlio, non so chi mi abbia salvato, a un certo punto sono scomparsi”.

Ecco cosa è oggi vivere a Milano. Poi vedi nel servizio di Quarta Repubblica questi che stravolgono la realtà e un po’ lo sanno e un po’ non lo sanno, “Hamas è un partito politico, il razzo all’ospedale lo ha tirato Israele, io mi informo sui social”. I social arabi e al Jazeera, tutto il resto è da odiare, da sterminare. Ignoranti? Da educare, da dialogarci? Sentite, andatevene tutti affanculo, sono 30 anni che si dialoga a senso unico: questa gente non merita nessuna comprensione, nessuna indulgenza, sono pronti a scannare, sono invasati e la smettessero anche gli ebrei piddini, i Fiano, i Nahum che si ostinano a praticare il gioco del dialogo, del confronto: questi ti tagliano la testa, e basta. Realismo, signori! Milano è perduta, chi ci è entrato dieci, anni o dieci giorni fa oggi è padrone e dice: possiamo farvi saltare quando e come vogliamo.

Tocca farsene una ragione, ma almeno non rompete i coglioni con la storia dell’odio: via Padova è Molenbeek, come lo è San Siro, come lo è l’intera Milano dei maranza, degli ossessi, della caccia agli ebrei e ai milanesi dove ti dicono che se non esci è meglio. Ma è vita, questa? E tocca pure vedere i farabutti che col pretesto della pace o della “complessità”, non mancano mai di esaltare un dittatore o una formazione terroristica. Lo sanno, lo vedono che in questo modo rafforzano gli stragisti che abbiamo in pancia? Lo sanno ma il loro calcolo merdoso torna: del resto non gli importa. Perché quello che vogliono, a cui puntano, è rientrare o restare nel gioco, il gioco politico, del potere.

E quanti sono questi lugubri parassiti! Ci fanno pure i convegni, che non servono “alla pace” ma a trescare in vista di improbabili movimenti o liste filoterroriste (smettete di invitarli in tv, almeno: ci contano, hanno bisogno di visibilità e sono disposti a tutto, avallano ogni abisso). Non trovano una parola per gli ebrei trucidati, non una per condannare i massacri. In compenso ne trovano troppe per giustificare l’abominio. Si sentono cose oltre l’indecenza e oltre l’incredibile. Quell’altra che ha finalmente trovato modo di farsi conoscere, con un messaggio delirante via X sul rave parte degli israeliani finito in massacro, che sapeva tanto di “così imparano”, anche se la sventurata ha cercato di spiegarsi, di smentirsi.

Ma a quel rave c’erano ragazzine rapite e poi decapitate ancora vive mentre le torturavano. Io me la ricordo quella, ci collaboravo anni su una testata online, allora i rave guai chi glieli toccava e ce l’aveva con Salvini che voleva vietarli. Che orrore, e che schifo, che ribrezzo davvero.

Max Del Papa, 1° novembre 2023