Cronaca

Ci siamo: gli immigrati arrivati in Albania. Perché ora cambia tutto

La nave Libra approda a Shengjin per scaricare i migranti salvati in acque internazionali. L’obiettivo: scoraggiare le partenze dalla Libia e dalla Tunisia

Nave libra albania migranti Giorgia Meloni

La nave Libra, appartenente alla marina militare italiana, ha raggiunto il porto di Shengjin in Albania, per attuare lo sbarco di 16 migranti che erano stati tratti in salvo in acque internazionali dalla guardia costiera. A bordo ci sono dieci cittadini egiziani e sei bengalesi. Sono i primi immigrati provenienti da Paesi ritenuti “sicuri” a “testare” il nuovo modello ideato dal governo Meloni, ovvero quello di valutare le domande di asilo alla frontiera in centri di accoglienza creati su Stati extra-europei ma sotto la giurisdizione italiana.

Il protocollo firmato da Edi Rama e Giorgia Meloni prevede che i migranti passino qualche giorno nell’hotspot di Shengjin, dove verranno sottoposti a controlli sanitari, al foto-segnalamento e all’identificazione. In seguito, verranno trasferiti nel Cpr di Gjader in attesa che la loro domanda di asilo venga valutata in un tempo ristretto rispetto alle normali pratiche in Italia. A quel punto, i soggetti che avranno diritto allo status di profugo potranno approdare in Italia. Gli altri invece verranno trattenuti nel Cpr in attesa del rimpatrio. Il centro di Gjader dispone anche di un piccolo penitenziario in caso fosse necessario apportare misure restrittive, magari a qualche scafista.

Questa operazione segna un passo significativo nell’attuazione della nuova strategia italiana per la gestione dei flussi migratori. I due centri di accoglienza sono stati completati un anno dopo la firma dell’accordo, malgrado alcuni ritardi dovuti a problemi geologici e costruttivi. Gjader, che occupa l’area di un precedente aeroporto militare, è stato trasformato per ospitare inizialmente 400 migranti, con prospettive di espansione fino a 880 posti in breve tempo. Shengjin, d’altro canto, si concentra maggiormente sulle procedure di primo screening.

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L’infrastruttura di Gjader dimostra un’organizzazione mirata a soddisfare con efficienza e sensibilità le necessità dei migranti. Pur avendo una capacità teorica di accoglienza fino a 3.000 individui, le autorità mirano a una gestione elastica, adeguando l’offerta all’effettivo bisogno.

L’accordo che disciplina queste operazioni, firmato dai primi ministri Giorgia Meloni e Edi Rama, prevede un finanziamento italiano di 670 milioni di euro distribuito su un periodo di cinque anni.  La responsabilità gestionale e giuridica dei centri è in mano all’Italia, che si occupa delle procedure di accoglienza e delle richieste di asilo, mentre l’Albania garantisce la sicurezza perimetrale delle strutture. Questa divisione assicura il rispetto dei diritti dei migranti in conformità alle leggi internazionali ed europee.

Ai migranti in Albania è data la possibilità di presentare la propria richiesta di asilo per l’Italia. Il processo decisionale, compresi eventuali ricorsi, deve concludersi entro 28 giorni. A coloro che ricevono lo status di rifugiato è permesso l’ingresso in Italia, mentre quelli con domanda rifiutata possono essere deportati direttamente dall’Albania.

Intanto i dati premiano la strategia italiana. Nell’ultimo anno è stata registrata un’apprezzabile diminuzione del numero di migranti che attraversano la rotta del Mediterraneo centrale verso l’Italia. Le statistiche del Viminale rivelano una diminuzione del 61% nell’anno 2024 rispetto all’anno precedente.

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