C’è una burocrazia buona e una burocrazia cattiva. Stessa distinzione del debito pubblico. Ma quella cattiva (come quello cattivo) sembra assai resistente. Anche al Governo dei migliori. E non è una buona notizia. In verità le cattive notizie sono due.
La prima riguarda il proliferare dei decreti attuativi. Con buona pace della “sterzata di metodo” proposta e promessa dal sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio, Roberto Garofoli, sono raddoppiati i decreti attuativi previsti dalla legge di conversione del decreto Sostegni bis (Dl 73/2021). Erano 45, sono diventati 91 nel corso del suo transito parlamentare. Si dirà che è “colpa” della Camera dei deputati, non del Governo. Di fatto si tratta di una sonora smentita di quell’impegno a non cadere nella cattiva abitudine dei suoi predecessori a Palazzo Chigi che hanno accettato di procedere con norme fittizie perché inapplicabili, proprio per la mancanza di attuazione dei decreti attuativi.
Barocchismi italiani figli di una burocrazia cattiva che la politica non sa mettere sotto controllo, che anzi solletica e fa proliferare nelle sue abitudini peggiori. Quando a febbraio il Governo Draghi si insediava, ereditava un fardello di 679 decreti attuativi non scritti e quindi che rendevano inattuate decine di leggi, bloccando tutti gli annunciati effetti. Quindi investimenti fermi, benefici promessi ma non utilizzabili, percorsi di semplificazione non effettuati.
Nei primi mesi il Governo si era dedicato al disboscamento di questa selva di decreti ministeriali attesi e mai scritti, cancellando quelli ormai inutili, e iniziando a produrre quelli fermi nei cassetti dei ministeri (il record al Mef e alle Infrastrutture). Si era arrivati a 570 provvedimenti in attesa. Ma nel frattempo ecco che ripartono quelli prodotti dalla nuova legislazione, a esempio quelli previsti dal Pnrr. Altri 140 nuovi decreti si sono quindi aggiunti e devono essere adottati. Dalla scorsa settimana l’elenco si è allungato di 91 nuove voci. Una pessima notizia per chi aspettava segnali di cambiamento.
La seconda cattiva notizia per il presente del Governo dei migliori e per il suo immediato futuro è stata segnalata dal Sole24Ore di sabato scorso. E riguarda l’impietosa relazione della Corte dei Conti che traccia il consuntivo del programma di riqualificazione energetica degli edifici della Pubblica Amministrazione centrale. Erano disponibili 355 milioni per favorire una piccola transizione ecologica degli immobili della Pa. Erano stati presentati qualche centinaio di programmi e 230 sono stati considerati ammissibili, per un valore complessivo di poco più di 315 milioni. Bene? Solo 40 milioni sarebbero andati sprecati, cioè non spesi? Magari.
A leggere bene le carte della relazione si arriva a una conclusione disarmante. I contratti di esecuzione dei lavori hanno riguardato solo 25 progetti di quei 230 approvati. Ma solo 3, sì solo tre, sono stati eseguiti. Esattamente lo 0,12% del programma iniziale: poco più di 300mila euro spesi a fronte di 355 milioni disponibili. Insomma, la nostra burocrazia cattiva – almeno è questa quella che si impone all’attenzione, purtroppo – non sa spendere i soldi a disposizione. E la politica e le Istituzioni assistono incapaci di porre soluzioni a un problema che getta ombre terribili su quei 235 miliardi promessi e disponibili per l’esecuzione del Pnrr.
Urge l’attesa riforma della Pa, sperando che non sia come quella della giustizia. Ne andrebbe a discapito del Paese e del suo futuro. La festa per gli europei di calcio è finita. Occorre poter gioire di un percorso di successi più stabili e duraturi nel tempo. Due indizi non fanno una prova, ma speriamo che non ne arrivi un terzo. Il Governo Draghi ha bisogno di incidere, non di essere assimilato alle cattive abitudini della cattiva e inefficiente burocrazia.
Antonio Mastrapasqua, 21 luglio 2021