Sarà capitato anche a voi/Di aver la tenuta in Maremma/In cuccia ci trovi la strenna…/Con 24mila euro/Felici corrono le ore/Un giorno splendido perché/Li trovo mentre bevo il the. Smaltito il mash-up, che altro dire se non che mirabili son le cose che capitano alla gente giusta? Per Ken Loach, l’ultimo dei cineasti marxisti, sui proletari piovevano pietre, sui proletari 24mila punto zero invece piovono soldi. È la vita da non morir mai di Monica Cirinnà & Marito e qui la sigla societaria è d’obbligo perché i coniugi hanno investito quei quattro spiccioli del loro lavoro di politici piddini in una azienda con tutte le carte in regola dove si producono vino, olio, piselli, tutta roba un sacco naturale e un sacco buona, green e a chilometro zero. Beh? Che c’è? Cirinnà, Cirinnà, Cirinnà. Villa Monica è una roba molto equosolidale, politicamente corretta, nelle campagne di Capalbio, il mare dei compagni. Di merende. Al tofu.
Gli straccioni, popolaccio traspirante, bestia e fascista, se ne facessero una ragione: non c’è miglior capitalista degli anticapitalisti, che poi era il messaggio del vecchio Karl se si fossero presi la briga d’interpretarlo correttamente; va beh che in quel gran casino di Capitali, di Grundisse, di Manifesti dove si poteva trovare tutto e il contrario di tutto, purché sbagliato, non era facile orientarsi. Ed è chiaro che anche il fedele compagno dei compagni non può che essere all’altezza della situazione, canina noblesse oblige. Niente ciabatte puzzolose/Giornali o lepri imbalsamate/Ma solo euro porto a te, yeeeeh, yeyeyeyeyeyeh.
Parlamento, tenuta e cuccia: che vita di sogno. Ma, ecco, il diavolo di destra ci mette la coda e l’incanto diventa la solita vita di merda: tutta colpa di quella ingrata d’una cameriera (sguattera, serva no, è fascista; donna è sessista; colf è oh, così piccoloborghese; cameriera va bene, cameriera è da rentier d’altra epoca). Traditrice, irriconoscente, sfaticata: “Era pure strapagata”, precisa Cirinnà arricciando la chioma. Strapagata quanto? Per 24mila euro/Che vita infame da sprecare/Il cane fuori da pisciare/La cuccia poi da sorvegliare”. E son drammi, son tragedie, mica come i pipponi di quegli altri ingrati di afghani che non accettano la conduzione democratica dei talebani e avrebbero preferito quel governaccio collaborazionista e sessista di stampo yankee.
Il fato si accanisce con Monica Cirinnà, odiata per le sue virtù: è donna; è bellissima; è democratica; è piddina; è impegnata nelle urgenze che contano davvero; è imprenditrice sociale che dà da campare a un sacco di inferiori; è coerente, soprattutto: anche il cane, rigorosamente non binario. E tu vedi un po’ se il destino doveva rovinarle l’estate prima facendole trovare un pacco di bigliettoni nella cuccia e poi facendole mancare la tuttofare. Non c’è gusto in Italia ad essere migliori. E siccome questo è un Paese di gentaglia povera, rancorosa, serbatoi di livore sui social, fortuna che un pezzo da Novanta del sindacato, della politica e della grammatica come Valeria Fedeli la difende con sacrosanta indignazione.
Nessuno tocchi Cirinnà, costretta a fare una vita che di merda che manco Dio-patria e famiglia (ipse dixit). Sentite cosa deve passare, dichiarato pubblicamente: “Nei pochi giorni di ferie, cinque per la precisione, sto facendo la lavandaia, l’ortolana, la cuoca. Tutto questo perché la nostra cameriera, strapagata e messa in regola (sic!) con tutti i contributi Inps, ci ha lasciati da un momento all’altro”. Bastarda. Roba da trasudare solidarietà. Invece povera Cirinnà l’hanno considerata, chissà perché, arrogante, classista, sprezzante. Lei, ridotta a fare l’ortolana, la lavandaia. E alla fine l’onorevole si è pure cosparsa la chioma di cenere: “Quando si sbaglia ci si scusa. Mi scuso quindi per le parole errate usate in questo momento difficile per dire che senza l’aiuto prezioso di una nostra collaboratrice ho avuto difficoltà”. Segue pistolotto su maestranze che rendono possibile i possedimenti di casato, di famiglia. Che donna! Che verve!