Dunque, il folle ambientalismo europeo raggiunge un altro non molto invidiabile traguardo liberticida: a partire dalla mezzanotte del 28 agosto, chi, nella zona metropolitana di Londra, ha un’auto a benzina o diesel che non rispetta i nuovi standard sull’energia pulita pagherà per circolare in periferia una tassa quotidiana di 12,5 sterline, quasi 15 euro, in aggiunta alla tariffa di 15 sterline, circa 18 euro, per entrare in centro.
Artefice di questo inverosimile provvedimento, che riguarda un’area urbana enorme popolata da circa 13 milioni di abitanti, sembra che sia in prima persona il sindaco laburista Sadiq Khan, il quale in un’intervista rilasciata al Sunday Times, sentendosi evidentemente investito di un ruolo messianico, ha dichiarato di sentirsi “dalla parte giusta della storia”, sebbene vi sia il sospetto che trattasi del capitolo legato all’inevitabile tramonto dell’Occidente. Sta di fatto che, malgrado il vero e proprio putiferio che si è scatenato tra la cittadinanza, coinvolgendo nel dissenso anche molti esponenti del Labour, il sindaco di origine pakistane intende tirare dritto. Usando una classica formuletta magica del moderno ambientalismo, Khan ha sostenuto che “si tratta di una necessità per la salute e il benessere dei cittadini, così come per l’ambiente”. In sostanza, tranne che per l’ultimo punto, la medesima presa di posizione con la quale soprattutto la sinistra mondiale, con in testa quella italiana, ha giustificato le insensate chiusure liberticide della pandemia.
Tuttavia, sulla spinta di un dissenso che si allarga a macchia d’olio, il leader laburista Keir Starmer, successore di Jeremy Corbyn, ha gettato acqua sul fuoco, esprimendo una dura critica indiretta alla misura presa con l’accetta dal suo compagno di partito. “Credo che sia un diritto di tutti — ha dichiarato Starmer — respirare aria pulita, ma ciò che non voglio sono schemi che colpiscono in modo sproporzionato chi è già nel mezzo della crisi sul costo della vita. Dobbiamo prendere in considerazione tutte le opzioni”.
Si tratta degli stessi schemi rigidi, per la cronaca, che sta adottando da tempo il sindaco di Milano Giuseppe Sala, il quale ha messo in campo una complicata operazione di graduale soffocamento della libertà di circolazione che, secondo questo demenziale progetto, entro il 1° ottobre del 2030 renderà possibile la circolazione in gran parte dell’area urbana milanese solo ai mezzi cosiddetti ecologici. Tant’è che lo stesso sindaco, in linea col suo vangelo ambientalista, ha pubblicamente appoggiato l’iniziativa del suo collega londinese.
Tutto questo, poi, sta avvenendo con le stesse modalità della presunta emergenza pandemica, mettendo gradualmente al bando mezzi di trasporto che solo pochi anni prima venivano considerati sicuri sul piano dell’inquinamento, senza spiegarne la ragione con argomenti stringenti e chiari al grande pubblico. Una sorta di colossale supercazzola europea che ha prodotto l’orrore del divieto di vendere auto a combustione interna a partire dal 2035, malgrado gli stessi artefici di tale orrore confermino che il trasporto su strada rappresenta solo un quinto delle emissioni di CO2 nell’UE. In testa a tutto ci sarebbe l’obiettivo di raggiungere la mitica neutralità climatica entro il 2050.
Nel frattempo, mentre i politici europei da operetta si baloccano con divieti e restrizioni alla circolazione dei mezzi a motore, la Cina è divenuto il maggior esportatore mondiale di auto, realizzando uno storico sorpasso ai danni del Giappone. Ma il Vecchio continente non demorde. Sebbene siano rimasti praticamente soli a perseguire la salvezza ambientale del Pianeta, i burocrati di quella che una volta era la culla della civiltà hanno deciso di dare l’esempio, riportando le relative popolazioni ad uno stadio preindustriale. Ma almeno l’aria sarà pulita, secondo la massima priorità del sindaco di Londra.
Claudio Romiti, 29 agosto 2023