Politica

La poltrona per Luigino

Clamoroso: l’Ue ricicla persino Di Maio

La seconda vita politica dell’ex grillino trombato alle elezioni? Un posticino nell’Ue (che dava per morta)

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Fermi tutti, torna Luigi Di Maio. Non al governo dell’Italia, e questo per molti potrebbe essere una buona notizia, ma nientepopodimenoche in Europa dove ogni boiardo di Stato può sempre trovare rifugio. Segato dagli italiani al voto, dimessosi in tempo record da un partitello che aveva fondato con poco Impegno Civico, l’ex capo del Movimento Cinque Stelle potrebbe concludere la sua più grande piroetta: dopo aver difeso le Ong che chiamava “taxi del mare”, dopo essersi candidato col “Pd di Bibbiano” che “faceva gli elettroshock ai bambini”, dopo essere stato amico dei Gilet Gialli e compagno di strada di Macron, adesso potrebbe essere riciclato da quell’Europa che per Beppe Grillo era un “club Med per trombati”. A questo punto, forse, aveva davvero ragione lui.

Pare infatti, lo scrive Repubblica, che il “grande ritorno” (ma de che?) di Di Maio potrebbe essere selezionato per un ruolo di quelli imprescindibili (si fa per dire) nelle diplomazie europee. In fondo aver fatto il ministro degli Esteri a qualcosa sarà pur servito (a lui, s’intende): il ruolo cui potrebbe aspirare è quello di Inviato Speciale Ue per la Regione del Golfo Persico. Non è ancora detta l’ultima parola, va precisato, perché Luigino dovrà battere la concorrenza di Dimitris Avramopoulos (ex ministro ed ex commissario europeo), Markos Kiprianou (ex ministro degli Esteri cipriota) e un ex ministro degli esteri slovacco. Tutti ex.

Dopo la selezione affidata ad una Commissione, il dossier con i curriculum dei candidati verrà presentato all’alto commissario Joseph Borrell il quale pare tenga in particolare considerazione il collega italiano. Si tratta dell’ex ministro del Paese più grande di quelli in corsa. E se è vero, come dice Rep, che l’ipotesi è nata nelle ultime settimane del governo Draghi, chissà che Di Maio non possa usare le referenze di quell’ex banchiere europeo che tanti battimani ha raccolto a Bruxelles.

Il governo Meloni cosa farà? Difficile dirlo. Nel senso che la scelta spetta a Borrell, non all’Italia, anche se certo magari Antonio Tajani potrebbe mettere una (cattiva) parola, almeno informale, per bloccare l’operazione. Vedremo.

Intanto sarà curioso capire cosa andrebbe a fare Di Maio come inviato speciale nel Golfo. Certo la questione energetica è dirimente e lì di petrolio ne hanno a gogo. Però tutti gli studenti di relazioni internazionali sanno che la rappresentanza europea nel mondo conta come il due di coppe quando briscola è bastoni: la politica estera la fanno gli Stati, non Bruxelles. Ma a Di Maio probabilmente poco importa. Dopo aver perso il posto in parlamento per colpa della scissione che avrebbe dovuto “salvare” Draghi, qualcosa Luigino dovrà pur fare. Cosa c’è di meglio di un posticino europeo?

Ci domandiamo solo una cosetta: chissà se nei colloqui con la Commissione, Di Maio ha ricordato di aver lanciato nel 2014 il “firma day” per far uscire l’Italia dall’euro. Oppure di quando nel 2018 diceva che “tra sei mesi questa Europa è finita”. Si sbagliava, certo. L’Ue infatti c’è ancora, lui politicamente no. E adesso Bruxelles si appresta a fornirgli una poltrona di salvataggio. What else?