I conti pubblici della Russia dovrebbero essere morti secondo molti economisti europei, eppure la realtà dei fatti è un’altra. Anche il Corriere della Sera, con un articolo a firma Federico Fubini, ha dovuto ammettere: l’economia di Mosca non sta andando male per niente. In altri termini: le sanzioni fanno peggio a noi che a loro. Nonostante qualche segnale di difficoltà – basti pensare a Gazprom, il monopolio pubblico del gas, che ha presentato i primi conti annuali in perdita da almeno un quarto di secolo – prevalgono i segnali di forza dell’economia e del bilancio russo, una grande vittoria per Vladimir Putin.
I numeri non lasciano margini di interpretazione: le entrate da petrolio e da gas fanno da sole quasi metà del gettito dello Stato e nei primi tre mesi dell’anno viaggiano del 79% sopra i livelli di un anno fa. Ma anche le altre entrate sono cresciute – del 24 per cento per la precisione – tanto che il governo russo sembra sulla rotta per chiudere l’anno con un deficit sotto l’1 per cento del prodotto loro, numeri che noi europei possiamo soltanto sognare. Basti pensare che il Fondo Monetario Internazionale aveva previsto un tracollo di quasi l’11 per cento del Pil russo nell’arco di un biennio.
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Parliamo di un’economia di guerra, per questo i dati assumono un’importanza ancora maggiore. Nel 2024 le spese militari e di rpressione saliranno del 48 per cento rispetto al 2023, arrivando al record di quasi il 40 per cento di tutta la spesa pubblica. Considerando le riserve sovrane in oro, anche nel 2025 e nel 2026 la Russia potrebbe mantenere il budget dei militari ai livelli attuali. Come anticipato, le sanzioni del G7 sul petrolio non stanno producendo gli effetti sperati. Quindi più soldi a disposizione del Cremlino, sia per il conflitto in Ucraina sia per il welfare interno. Brutte notizie per chi sperava di mettere in ginocchio Putin con qualche veto, così da costringerlo a scendere a patti per mettere la parola fine ai combattimenti: la recessione del 2022 è solo un lontano ricordo, Mosca rappresenta ancora una minaccia da ogni punto di vista.
A contribuire a questo risultato ci ha pensato il mercato “esterno” all’Ue, con la Cina in prima fila. Pechino insieme all’India e alla Turchia ha colmato il vuoto lasciato dai Paesi occidentali negli scambi commerciali. Dati alla mano: nel 2022 la contrazione dell’economia russa è stata del 2%, mentre nel 2023 si è registrata una crescita del 3% del Pil. Per quanto concerne il peso delle esportazioni globali, una recente analisi europea ha registrato un ribasso dall’1,39% del periodo 2017-2019 all’1,17% nei due anni di guerra. Le esportazioni dall’Ue sono passate dal 4 all’1,4 per cento, ma quelle dalla Cina sono passate dal 2 al 3 per cento. Scambi deviati e sanzioni evase, la ricetta che ha permesso a Mosca di tenere botta.
Franco Lodige, 3 maggio 2024
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