Le elezioni non sono all’orizzonte. Se durante la sfida sulla presidenza della Repubblica la maggioranza sembrava poter vacillare, soprattuto qualora Draghi avesse conquistato il Quirinale, adesso che in Ucraina imperversa la guerra nessuno si sognerebbe di spodestare il premier. Lui, secondo Luigi Bisignani, starebbe puntando a guidare la Nato per il dopo Stoltenberg. Ma intanto deve accontentarsi di Palazzo Chigi, della sua maggioranza litigiosa e di una legislatura che sembra destinata a durare fino al termine naturale.
La situazione sta un po’ stretta a Draghi, ma anche ai partiti che lo sostengono. Scalpita Salvini, che un po’ prende le distanze dal governo (vedi armamenti a Kiev) e un po’ cerca di diventare leader del centrodestra in stile Repubblicani (leggasi il nuovo partito lanciato in Sicilia). Non sta bene Giuseppe Conte, delegittimato dalla sentenza del Tar sulla nomina a presidente del M5S, in difficoltà a tenere le fila dei parlamentari e incalzato dallo scaltro Luigi Di Maio. Arranca il Pd, che si mette a fare la guerra a Orsini invece di pensare al caro bollette. Mentre Forza Italia si divide tra i draghiani e chi vorrebbe smarcarsi dall’ex banchiere europeo.
L’unica a gioire, al momento, è Giorgia Meloni. La quale macina consensi, non ha subito il contraccolpo di essere stata in passato “putinista” e si sta riposizionando sulle fila atlantiste.
I sondaggi dei partiti
I sondaggi, in fondo, la premiano. Secondo la rilevazione Ipsos per il Corsera, Fratelli d’Italia si conferma il primo partito italiano con il 21,5% dei sondaggi, registrando un incremento del +1,8%. Il Pd resta fermo al 20,7%. Terzo posto per la Lega, scesa dello 0,5% e attestatasi al 17,5%. In flessione di quasi un punto anche il Movimento Cinque Stelle, al quarto posto con il 14,5%. Forza Italia invece registra un calo dello 0,8% e l’8,1% delle preferenze degli italiani. A seguire tutti gli altri: la federazione Azione/+Europa è al 3,6%, mentre gli altri partiti (Italia Viva di Renzi compresa) non supera la soglia di sbarramento dl 3%. Gli indecisi o astensionisti sono al 40%. Più di un elettore su tre non si reca nemmeno alle urne.
Le coalizioni
Il centrodestra, sempre che FdI e Lega non rompano l’alleanza, avrebbe il 47,1% dei voti. Il centrosinistra sarebbe fermo al 31,2% e se anche il Pd si alleasse con Conte non andrebbe oltre il 38%. Diverso il discorso in caso di “campo largo” di lettiana memoria: il sogno del segretario Pd non andrebbe oltre il 45,7% (in flessione di 1,1%) quindi sotto il centrodestra.