Politica

Come ci soffiano la casa: l’affondo del generale Vannacci

Il sesto capito del libro Il Mondo al Contrario di Roberto Vannacci. Ecco cosa ha scritto sul diritto alla casa

Il generale Vannacci ha voluto dedicare un capitolo intero del suo libro, il numero sei, a una questione non popolare quanto le altre, ma evidentemente riconosciuta meritevole di molte attenzioni: la questione del diritto alla casa. Il suo focus, anzi, è stato puntato ancora più addentro al tema, specificamente: al diritto di ognuno alla salvaguardia e all’inviolabilità della propria dimora.

Casa, un rapporto romantico in decostruzione

In incipit, opportunamente, l’autore evidenzia che in Italia la parola “casa” e la parola “abitazione” non possono quasi mai essere usati come sinonimi. Poiché gli italiani, che sarebbero tradizionalisti – un po’ campanilisti e un po’ romantici – investono il primo termine d’un aurea magnifica e sacra, che il vocabolo “abitazione” non riesce ugualmente a significare. La casa, per chi vive la penisola sarebbe “la colonna portante della vita e il punto di riferimento della famiglia”; lo dimostra il fatto che pochi altri Paesi al mondo possono hanno una percentuale di proprietari di immobili alta come la nostra.

“Gli altri popoli sono differenti, non vogliono sentirsi vincolati, diversificano, investono in altro e cambiano dimora in base alle necessità. Noi, invece, costruiamo il nostro avvenire intorno al focolare in cui abbiamo deciso di vivere”: così Vannacci rende l’effetto salvifico di quella che per molti è un’istituzione.

Bene intimo eppure alla mercé di tutti

Alla luce di quanto enunciato, il generale trova assurdo che l’ambiente domestico, in Italia, venga meno salvaguardato che altrove. Fin tanto da risultare esposto alla mercé di tutti quanti vogliano appropriarsene. Lo scrittore maledice la piaga degli occupanti abusivi, arringando pure contro chi (i giudici e i buonisti) e contro cosa (la legge e la cultura buonista) permette loro il libero arbitrio anche a misfatto compiuto.

Secondo lui, mentre qualche tempo fa il problema era lieve e legato unicamente a casi fortuiti, oggi la faccenda sarebbe divenuta più grave per – lo si ripete – l’influsso della cultura buonista, della crisi economica e di un collaterale senso di impunità.

Caro-affitti come causa e conseguenza

Evidenziato che la crisi economica ha costituito (e costituisce) una concausa alimentante la piaga, occorre indagare in maniera più approfondita quale suo aspetto sia il più deleterio e perché. Vannacci a questo proposito scrive: “Quando ero piccolo, non c’era la crisi degli affitti ed il timore che l’inquilino non restituisse più il bene temporaneamente occupato era risibile. Gli appartamenti si trovavano, ed anche a prezzi ragionevolmente abbordabili”. Con questo passaggio e con altri, il generale riferisce che il caro-affitti sia allo stesso tempo causa e conseguenza del fenomeno degli occupanti abusivi.

Causa dacché il disagio abitativo derivante “forza” una maggior quantità di indigenti a compiere atti illeciti per ricavare un tetto. Conseguenza dato che, aumentato il rischio di espropriazione immobiliare e aumentata l’incertezza del ritorno economico, ci saranno sempre meno investitori del mercato immobiliare: quindi sempre meno offerta, prezzi ancora più alti e – qui ricomincia il circolo vizioso – ulteriore disagio abitativo.

Il nemico nelle leggi e nella burocrazia

Infine, il militare critica il deficit legislativo, nonché la tirannia della burocrazia, che darebbero manforte agli aspiranti “ladri di case”. Apportando una serie di esempi, quest’ultimo chiarisce che la tutela penale si dovrebbe poter ottenere tramite denuncia, ma tale procedura non consente né l’arresto in flagranza né un deterrente, ragion per cui il fenomeno rimane incontrastato.

La legge in materia, inoltre, prevede che: “Prima di attuare lo sgombero disposto dall’autorità giudiziaria di un locale abusivamente occupato, la forza pubblica deve tener conto della situazione e della sicurezza pubblica dell’area, dei rischi per l’incolumità e la salute, dei diritti dei legittimi proprietari e, in ultimo, dei livelli assistenziali che regioni ed enti locali possono assicurare agli aventi diritto”.

Una serie infinita di passaggi che rende infinitamente lungo il processo di sfratto e infinitamente tortuosa la vita del legittimo proprietario. Accostando a questo l’atteggiamento tipico del giudice italiano – “che non prende posizioni o, se le prende, è per tutelare le minoranze” – si definisce il quadro completo del fenomeno: sicché all’occupante non viene mai torto un capello, quasi nemmeno a reato acclarato, intanto che il possidente dell’immobile attraversa la sua lunghissima odissea.

Gabriele Nostro, 15 settembre 2023

Le puntate precedenti:

1. Paola Egonu, che ha detto davvero il generale Vannacci

2. Vannacci e il green: si può vivere senza gas e petrolio?

3. L’ambientalismo secondo il generale Vannacci

4. Vi svelo pezzo per pezzo il libro di Vannacci