L'inattuale

Come la Russia è passata da amica della NATO a Stato canaglia

© Tama66 e Daboost tramite Canva.com

Nell’abisso di retorica e ignoranza, le quali vanno sempre a braccetto, in cui il mondo sembra essere sprofondato, la memoria storica si perde fino quasi a scomparire. Sebbene le relazioni tra Russia e Occidente siano sempre state “complicate”, c’è stato un momento in cui sembrava che Mosca dovesse divenire parte integrante dell’alleanza occidentale entrando di fatto nella NATO.

Ebbene sì, la Russia sarebbe dovuta diventare partner della NATO. A dirlo non è un pericoloso putiniano bensì George Robertson, scozzese che dal 1999 al 2004 è stato Segretario generale dell’Alleanza atlantica. Dopo il cosiddetto “Memorandum di Budapest”, siglato nel 1994, nel quale la Russia assicurava di fatto le nazioni a lei vicine, nate da poco in seguito al crollo dell’URSS, sul fatto che la loro integrità sarebbe stata mantenuta, le relazioni NATO-Russia si svilupparono in una direzione decisamente costruttiva. Diversi atti di mutua cooperazione vennero siglati tra Mosca e l’Alleanza, oltre ad un Consiglio permanente di consultazione per tracciare le linee guida del futuro ingresso.

Vladimir Putin diviene presidente nel 2000 e Roberts assicura che la sua intenzione principale era proprio quella di portare la Russia nel mondo occidentale in modo definitivo, gettandosi alle spalle le ombre del comunismo e dell’imperialismo sovietico. Putin non voleva tuttavia seguire l’iter classico di adesione come una nazione qualsiasi, ma desiderava essere “invitato” a far parte della NATO come si confà ad una grande potenza. Di nuovo, l’ossessione di ogni capo di stato russo è l’isolamento, la massima delle paure. Putin non immaginava una Russia allontanata da quell’Europa di cui si sentiva parte per innumerevoli affinità storiche e culturali. Qualcosa però si incrinò nelle scelte di politica estera americana.

Dopo l’11 settembre, come è noto, il Dipartimento di Stato seguiva le filosofie politiche dei “Neocon”, falchi ex trotzkisti i quali si facevano fautori della superiorità americana sul resto del mondo, vedendo nelle altre grandi nazioni non alleati ma possibili avversari. Sotto Bush jr. gli Usa si ritirarono unilateralmente dal trattato anti-proliferazione dei missili balistici siglato nel 1972 da Nixon e Breznev. Ricordiamo che tali missili sono quelli che in teoria bloccherebbero il “colpo di ritorno” in caso di eventuale attacco nucleare, intercettando l’arma atomica prima che colpisca il bersaglio. La risposta furiosa di Putin non si lascia attendere ed egli ordina un’imponente implementazione della potenza nucleare russa.

La rivoluzione arancione del 2004 in Ucraina segna il definitivo tramonto di ogni speranza per Mosca di intrattenere rapporti pacifici con la NATO e getta le basi per l’invasione che oggi tutti osserviamo sgomenti. Il sospetto verso l’Occidente si fa più forte, soprattutto dopo il venir meno della solenne promessa di non far mai entrare nella NATO stati come Ucraina e Georgia. Il resto è storia contemporanea. La speranza che possa giungere una pacificazione tra Mosca e la NATO è assai remota, ma, come abbiamo detto, non è sempre stato così. Segno che la diplomazia è sempre la migliore arma contro quella che il grande teorico russo delle relazioni internazionali Primakov definiva “miopia politica”, riferita al trattamento che l’Occidente ha riservato al suo paese.

Francesco Teodori, 7 settembre 2024

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