La Russia ha attaccato l’Ucraina proprio mentre in Africa si consolida ulteriormente la sua presenza, soprattutto militare, in seguito alla decisione della Francia e di altri stati dell’Unione Europea, annunciata mesi fa e confermata il 17 febbraio, di chiudere le missioni militari Barkhane e Takuba da anni impegnate in Mali a combattere il jihad, lasciando il campo ai mercenari russi del gruppo Wagner già operativi nel paese. Attualmente il gruppo paramilitare Wagner è presente anche in Libia, Repubblica Centrafricana e Sudan. Secondo il Center for Strategic and International Studies di Washington, dal 2016 al 2021 ha combattuto in una dozzina di altri stati tra cui Mozambico, Madagascar, Nigeria e Ciad.
Mosca in Africa, armi e affari
Oltre che tramite i mercenari, a partire dal 2016 la Russia si è fatta strada in Africa fornendo a molti governi armi e istruttori militari. I leader africani sono ben disposti nei confronti di Mosca per gli stessi motivi per cui preferiscono i rapporti economici con la Cina: a differenza dei partner occidentali, non crea tensioni e attriti in materia di diritti umani e democrazia. “La Russia ha i suoi interessi – sostiene Djallil Lounnas, ricercatore in scienze politiche dell’Università Al Akhawayn di Ifrane, Marocco – Non fa domande”.
Quindi la guerra all’Ucraina crea imbarazzo a molti governi africani, gran parte dei quali infatti hanno evitato di pronunciarsi fino al 2 marzo, giorno in cui la 11a sessione speciale di emergenza dell’Onu ha messo al voto una risoluzione presentata da oltre 90 paesi che chiede alla Russia di ritirare le sue forze militari dall’Ucraina “immediatamente, totalmente e incondizionatamente”. “L’invasione dell’Ucraina da parte della Federazione Russa dà inizio a una nuova era globale. Gli stati membri dell’Onu devono schierarsi, scegliere tra pace e aggressione”. Questo era l’appello, ma si prevedeva che molti dei 193 stati membri si sarebbero astenuti o non si sarebbero presentati in aula. Invece la risoluzione è passata con 141 voti. Ma dei 52 stati che non l’hanno votata, 26 – la metà – sono africani. L’Eritrea ha votato contro (insieme a Russia, Bielorussia, Siria e Corea del Nord), 17 stati si sono astenuti, sul totale di 35 astensioni, e otto non hanno votato, sul totale di 12. I paesi africani sono 54 e quindi quasi metà del continente ha deciso di non prendere posizione.
“Razzisti”, l’Unione Africana contro l’Ue
Prima del voto al Palazzo di vetro, dei vari organismi regionali solo la Ecowas, la Comunità economica dei paesi dell’Africa occidentale, ha condannato l’invasione, ha chiesto a Russia e Ucraina di deporre le armi e di risolvere la crisi attraverso il dialogo. L’Unione Africana invece, più che esprimere una esplicita condanna, aveva scelto di esortare “la federazione russa e ogni altro soggetto regionale o internazionale a rispettare imperativamente il diritto internazionale, l’integrità territoriale e la sovranità nazionale dell’Ucraina”. Piuttosto il 1° marzo ha espresso forte contrarietà per il comportamento assunto nei confronti degli africani residenti in Ucraina, “fatti oggetto di inaccettabili discriminazioni”. Secondo l’UA, i paesi confinanti con l’Ucraina starebbero negando agli africani il diritto chiedere asilo, “un comportamento scandalosamente razzista che viola il diritto internazionale”. Tuttavia l’Unione Europea ha respinto le accuse di razzismo assicurando che Polonia, Slovacchia, Ungheria e Polonia accolgono tutte le persone in fuga senza discriminare per razza o etnia.
Chi sta dalla parte di Mosca
Tra i pochi stati che hanno preso la parola prima del voto all’Onu c’è il Sudafrica, che ha importanti rapporti economici con la Russia e che difatti si è astenuto. Il suo ministro degli esteri, Naledi Pandor, aveva diramato un comunicato in cui chiedeva che la Russia si ritirasse immediatamente dall’Ucraina. Questo però ha suscitato le ire del presidente della repubblica Cyril Ramaphosa che ha replicato dicendo che le “parole forti” del comunicato erano in contrasto con la posizione del paese. Anche l’Uganda si è astenuta, ma prima si era schierata apertamente con la Russia. Il generale Muhoozi Kainerugaba, potente figlio e possibile successore del presidente Yoweri Museveni, che ha 77 anni ed è al potere dal 1986, ha dichiarato che “Putin ha assolutamente ragione” e ha detto che “la maggior parte degli uomini non bianchi sostengono la Russia”. “Quando l’Urss ha piazzato i suoi missili nucleari a Cuba nel 1962 – ha aggiunto – l’Occidente era pronto a far saltare in aria il mondo. Adesso che la Nato fa lo stesso vorrebbe che la Russia si comportasse diversamente”. L’Ue ha condannato la posizione ugandese definendola inaccettabile e minacciando conseguenze non meglio precisate.
Nonostante le pressioni di alcuni paesi occidentali, neanche la giunta militare al potere in Sudan da ottobre con un golpe ha condannato l’invasione limitandosi a invitare le parti al dialogo e a una soluzione diplomatica. All’Onu il suo delegato si è astenuto. D’altra parte il vice presidente della giunta, generale Mohamed Hamdan Dagolo, è in visita a Mosca dal 23 febbraio per colloqui con il presidente Putin e con il ministro degli esteri Lavrov. Il Sudan ha stretti legami con la Russia e li ha avuti, prima, con l’Unione Sovietica.
Il ruolo dei mercenari Wagner
Ma se i governi africani sono favorevoli a stabilire rapporti con la Russia, altra cosa è l’accoglienza da parte della gente comune. Anche in Mali, dove la propaganda governativa antifrancese della giunta militare che ha preso il potere con un golpe nel maggio del 2020 ha indotto molti cittadini a rallegrarsi della partenza delle truppe europee, c’è la diffusa convinzione che i mercenari del gruppo Wagner non saranno in grado di liberare il paese dai jihadisti, non più che i militari europei. In Mozambico in effetti si sono ritirati di fronte all’avanzata dei jihadisti al Shabaab nella provincia settentrionale di Cabo Delgado e a sostituirli sono arrivati i mercenari sudafricani. Ma i russi non solo non fanno domande, non si fanno neanche tanti scrupoli e la gente ne fa le spese. Nella Repubblica Centrafricana, dove sono arrivati nel 2017, i mercenari Wagner sono accusati di gravi violazioni dei diritti umani: stragi di civili, stupri, esecuzioni sommarie, saccheggi.
Inoltre, in violazione del diritto internazionale, usano mine antiuomo che hanno già causato molte vittime civili. Nel 2021 sono stati registrati più di 25 incidenti con decine di morti e feriti. Potrebbero essere denunciati per crimini di guerra, ma il primo ministro centrafricano Henri-Marie Dondra solo lo scorso settembre ha ammesso che siano responsabili di violazioni dei diritti umani. Questo atteggiamento, secondo esponenti dell’opposizione e della società civile, denota il fatto che il governo non è in grado di controllare i mercenari perché in qualche misura è nelle loro mani e dipende da loro per la sua sicurezza e per conservare il potere.
Anna Bono, 4 marzo 2022