Murray Rothbard è sempre geniale. Ho preso in mano l’ultimo libro di LiberiLibri, intitolato Contro l’egalitarismo (a cura di Roberta Adelaide Modugno) e vi ho trovato una provocazione, geniale appunto. Tra poco ci arrivo. Ma mettiamo le cose al loro posto. Il libro contiene tre saggi scritti dall’economista libertario negli anni ’70. Il primo, e ci ritornerò in una prossima rubrica, si occupa dell’egalitarismo; il terzo saggio è su libertà, disuguaglianza, primitivismo e divisione del lavoro. Ma è il testo di mezzo che ha acceso subito il mio interesse: la tutela dell’ambiente nel libero mercato.
Ma come, siamo negli anni ’70 e Rothbard si occupa di ecologica e natura? Un’altra era rispetto all’attuale ubriacatura climatista. In effetti, consiglio non richiesto, il saggio sarebbe stato più intrigante titolarlo «La religione verde e le sue radici negli anni ’70». O qualcosa di simile. Perché il punto è proprio questo. Il Nostro critica l’ecologismo di mezzo secolo fa con gli stessi strumenti logici che dovremmo usare anche noi oggi. E le critiche allo sviluppo economico che allora si facevano sono molto simili a quelle dei fanatici green di oggi. L’ambientalismo ha un nemico ieri come oggi: il capitalismo, il mercato, l’individuo, la libera impresa.
L’ecologismo, ieri come oggi, è una febbre culturale che ha preso la gran parte degli intellettuali che d’altronde «sono del tutto soggetti ai capricci della moda come lo sono gli orli delle gonne delle donne». Il capitalismo e lo sviluppo tecnologico che ne consegue sono per il Nostro il motore di un mondo più libero e soprattutto più prospero; esattamente il contrario di quanto denunciato dai fanatici del pianeta. «Lo sviluppo tecnologico non solo consuma, ma aggiunge anche risorse naturali utilizzabili. Prima dello sviluppo dell’automobile e dei moderni macchinari, i giacimenti di petrolio erano totalmente privi di valore per l’uomo: inutile liquido nero. Con lo sviluppo della tecnologia moderna e dell’industria improvvisamente sono diventati risorse utili».
Fantastico, in effetti non si riflette a sufficienza su questo paradosso: senza auto, il petrolio non sarebbe una risorsa naturale utile. Così come se le lobby ambientaliste fossero state forti nel Seicento come lo sono oggi, gli Stati Uniti sarebbero praticamente spopolati. Rothbard poi continua sulla questione delle foreste. È un utilissimo esempio per capire come, al contrario di quello che si ritiene comunemente, sia stato proprio l’intervento dello Stato e la loro esclusione dai meccanismi del mercato, a renderle relativamente a rischio. Ma non voglio raccontare tutto: il libro è scritto in modo semplice e accattivante. Vale la pena leggerselo.
Nicola Porro, Il Giornale 1° ottobre 2023