Politiche green

Come smontare i cantori del catastrofismo pezzo per pezzo

Il nuovo libro di Nicola Porro, La grande bugia verde (Liberilibri), confuta tutte le teorie verdi con dati alla mano

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Un’energia tutta da ricaricare. Sul nucleare il ministro dell’Ambiente Pichetto Fratin continua a dormire sonni tranquilli nonostante il varo in Europa del Net Zero Industry Act che ha inserito l’atomica, appunto, tra le fonti energetiche strategiche. Anche Ursula von der Leyen ha rilanciato il ruolo dell’atomo: «Spina dorsale al 2050 con le energie rinnovabili». Eppure l’Italia è ancora nell’elenco degli invertebrati energetici, nonostante il neopresidente di Confindustria, Emanuele Orsini, abbia spinto con coraggio tutta la maggioranza di governo a dichiararsi favorevole assieme al duplex Enel Scaroni-Cattaneo. Con il costo dell’energia elettrica più alto d’Europa, il nostro ministro energetico si è limitato a copiare le parole della presidente della Commissione Ue, ripetendo: «Obiettivo al 2050 è mix anche con il nucleare».

Tutti d’accordo, ma i fatti? Sembra quasi che il ministero dell’Ambiente e dell’Energia sia rimasto ancorato ad una visione romantica dell’energia tutta sole e vento. Ma anche ad un’energia con poca occupazione di suolo e con mille vincoli paesaggistici. A tal proposito, i conti con la realtà ce li fa fare l’ultimo intrigantissimo libro di Nicola Porro La grande bugia verde edito dalla nuova casa editrice «Liberilibri»: autorevoli esperti – Nicola Scafetta, professore di Fisica dell’atmosfera e Oceanografia, climatologo all’Università degli Studi di Napoli Federico II, Gianluca Alimonti, professore di Fondamenti di energetica all’Università degli Studi di Milano, Roberto Graziano, ricercatore e docente di Geologia all’Università degli Studi di Napoli Federico II e altri ancora – fanno scoprire al lettore come si siano stratificati decenni di falsi miti energetici che influenzano politica e burocrazia. Non solo in Italia, ma in tutto il mondo.

E il libro si legge tutto d’un fiato come un giallo. Credete davvero che la rivoluzione ambientalista sia nata da Greta Thunberg, la ragazzina svedese che non andava a scuola per protestare contro il cambiamento climatico? Una favola a favore dei media. Porro spiega, con dati, numeri, grafici e pubblicazioni alla mano, che la finanza mondiale gongola sui guadagni ottenuti facendo leva sulla nostra paura di catastrofi climatiche e indirizzando i governi verso scelte estremiste di politica green.

L’uragano Katrina del 2005 è costato alle assicurazioni americane 40 miliardi di dollari: con le previsioni sull’aumento degli uragani, poi rivelatesi fasulle, le compagnie hanno aumentato il costo delle polizze, incassando 82 miliardi di dollari. Nessun politico oggi oserebbe mettere in dubbio il processo di decarbonizzazione: ma siamo certi che il riscaldamento climatico derivi dalla quantità di CO2? E siamo altrettanto sicuri che l’aumento di CO2 dipenda solo dall’uomo? Chiunque osi mettere in dubbio questi dogmi, viene considerato un reietto, un negazionista da bannare in politica e nella comunità scientifica. Eppure, i cantori del catastrofismo ne hanno prese di cantonate. Ma, per fortuna, sta crescendo il numero di chi mette in discussione le verità create attraverso modelli matematici che attribuiscono solo alle attività dell’uomo le emissioni di anidride carbonica.

Il clima della Terra è da sempre variato, con fasi geologiche di caldo e freddo, ed è condizionato da molti fattori naturali, dal sole alle eruzioni dei vulcani, oltre che dalle emissioni di CO2 causate dall’uomo. Il sindaco di Milano Beppe Sala è arrivato a dichiarare che l’aumento delle buche nelle strade è dovuto al riscaldamento climatico. Affermazione che fa il paio con l’immagine di Piazza Duomo invasa dalle acque del mare, pubblicata a corredo di un articolo catastrofista: peccato che Milano sia 120 metri oltre il livello del mare. Bisogna terrorizzare le persone: nel 2010, l’Ipcc, il Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico creato dalle Nazioni Unite, affermò che i ghiacciai dell’Himalaya si sarebbero sciolti entro il 2035, salvo poi ammettere che si era trattato di un errore. Ci impongono di cambiare stile di vita, ma nel Sud circolano ancora auto immatricolate ai tempi di Fanfani, a Milano il «verde» Sala ti costringe a rottamare la macchina che hai comprato solo cinque anni fa.

Vale la pena battersi per contenere le emissioni di CO2? In sostanza, dati alla mano, anche se l’Europa oggi tornasse al Medioevo, il livello di CO2 nel mondo non cambierebbe. Eppure, si continua a investire sulle rinnovabili a fronte di risultati deludenti: negli ultimi venti anni sono stati spesi per un mondo più green 2.800 miliardi di dollari. La sfida ambientalista, come denuncia Porro, ha aperto infinite praterie al mondo della finanza, sempre a caccia di nuove opportunità di profitto. Lo sviluppo delle fonti rinnovabili è sempre legato ai sussidi di Stato: così, con i soldi di tutti, si favorisce il guadagno di pochi. Per sviluppare l’opportunità di investire sulle rinnovabili, è stata creata una task force (Tcfd) presieduta dal miliardario americano Michael Bloomberg, che ha tra i suoi componenti le maggiori banche del mondo, fondi di investimento, compagnie di assicurazioni e colossi industriali del settore energetico.

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Tutti insieme rappresentano asset superiori a 223 trilioni di dollari. Difficile pensare che consultino Greta Thunberg o altre «gretine» quando devono consigliare un investimento. Per ora, più che una transizione energetica, abbiamo visto solo transizioni di denaro. «Toc Tooc», direbbe Porro, «Sveglia!!!»

Luigi Bisignani per Il Tempo 23 giugno 2024

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