Sgombro subito il terreno. Non credo che nelle nostre democrazie ci sia un rischio totalitario. O almeno non più di quanto ce ne è sempre stato. Credo che ci sia un rischio ancora peggiore: la stupidità da non senso, come portato di una vera e propria infantilizzazione delle coscienze di cui i media sono causa ed effetto al tempo stesso. Come sul dirsi, la storia la seconda volta si ripete come farsa. E ci siamo. Ci piace giocare al totalitarismo in questi giorni, perché non crediamo più a nulla. E pur di colpire gli odiati “sovranisti”, o per avere i tre minuti di celebrità che i media non negano a nessuno, in epoca Covid il gioco è a chi la spara più grossa a fare il “nazistello” da b movie.
I virologi sono particolarmente ferrati in quest’arte della drammatizzazione e nello stesso tempo della induzione della paura, la quale, produttiva come sempre è stata di politica, lo diventa a maggior ragione ora che il mondo è diventato generalmente la sua immagina falsata e favolistica. Addio, principio di realtà! È un po’ il motivo per cui chi scrive non ha mai preso troppo sul serio la questione delle fake news: dove la notizia coincide con la sua costruzione, il difetto è nel manico non nella parte inferiore. Tanto che “fake news” sono sempre quelle degli altri, del “nemico”. E visto che il discorso pubblico è dominato dalla sinistra, sono sempre e solo quelle di destra. L’altro giorno mi è passata sotto l’occhio una notizia di agenzia particolarmente curiosa, ripresa dai giornali con questo titolo: “Covid, infettivologo salva no vax in mare e dice: ‘lo rifarei’”.
Insensatezza pura, ma evidentemente una notizia ghiotta per condurre la battaglia esasperante del momento: quella contro il Nemico assoluto, il Genio del Male, il No vax a cui i Sovranisti e Salvini strizzano l’occhio. Perché insensatezza? E presto detto: salvare una vita umana è un atto di generosità e, nello stesso tempo, un dovere morale. Chi lo compie non fa troppi ragionamenti, come forse non li ha fatti il protagonista di questo episodio: non sta a pensare se il salvato sia nero o bianco, etero o gay, uomo o donna, uno stinco di santo o un farabutto. La nostra cultura ci dice che ogni vita è degna di essere a prescindere e in ugual modo. Chi compie questo atto morale, proprio per non “sporcarlo” con interessi utilitaristici, generalmente non se vanta e né va dai cronisti a vendersi la notizia. La quale, per costoro, non esisterebbe nemmeno se non ci fosse l’elemento che, appunto, “fa notizia”, quello che allude, fra le righe e ipocritamente, al fatto che il no vax dopo tutto è un uomo di serie b, un “subumano” (formula vaga quella di no vax, fra l’altro, che occulta le differenze specifiche: chi scrive, per esempio, essendo allergico a molti farmaci, è stato molto perplesso prima di mettersi in lizza per il vaccino). Insomma, il no vax non era degno di essere salvato e l’infettivologo, il professor Andreoni, se avesse saputo, forse il suo gesto lo avrebbe fatto lo stesso ma ci avrebbe pensato un po’ su. Se così non fosse, che bisogno ci sarebbe stato di dire alla stampa che lo avrebbe rifatto? Che bisogna dirlo e pensarci su? Di fronte all’assolutezza e autonomia dell’atto morale, ogni elemento eteronomo non lo fa essere più tale. Ma ci è oggi in grado di, o vuole, seguire questi ragionamenti?
Ovviamente, l’infettivologo, sempre nel dispaccio di agenzia, non si esime dal farci il pippone sulla “moralità” del vaccinarsi e sull’ “immoralità” del non farlo. Non saremmo noi a negarlo, ma l’impressione è che fare po’ di “genealogia della morale” a questi “moralisti” a contratto e da telecamera non sarebbe poi tanto male. Si scoprirebbe forse che gli elementi che li muovono non sono poi così “puri” e “alti”, ma “umane, troppo umane” passioni e interessi concrei.
Corrado Ocone, 22 luglio 2021