Ci sono eventi apparentemente scollegati tra loro, che però, occorrendo in simultanea, fungono da segni per la comprensione del reale. È un caso del genere il trittico commissione Segre, «caso» (a voler esagerare) Balotelli e rischio chiusura Ilva. Tutti e tre ci fanno comprendere la débâcle intellettuale, culturale e sociologica della sinistra. Tutti e tre ci mostrano come quell’area che da Renzi arriva a Leu, abbia totalmente perso il rapporto con il paese reale, e soprattutto con quei gruppi sociali che essa, secondo una classica falsa coscienza in senso marxiano, è ancora convinta di rappresentare.
È evidente che al paese reale la commissione Segre interessa poco e la percezione di un pericolo razzismo è presente solo nei beaux quartiers delle grandi città, da tempo diventati la cittadella assediata della sinistra – alle elezioni del 2018 ai Parioli Servire il popolo, una lista di ultrasinistra, era arrivata a toccare il 4% quando a livello nazionale stavano sotto l’1%. Qui i soli immigrati che si vedono sono colf e badanti, ma secondo una rigida scansione etnica: nessun africano o mediorientale o maghrebino, molti filippini, sudamericani (ma non peruviani), ucraini, con giudizio.
Come i figli della borghesia milanese e romana negli anni Settanta idealizzavano la «classe operaia» che non avevano mai visto, oggi i figli di quelli idealizzano l’immigrato, figura astratta che si tratterebbe di difendere. Contro chi? Certo contro i razzisti di destra, ma siccome questi razzisti, secondo l’immaginario allucinato, arrivano a quasi il 50% dell’elettorato, anche contro quelli che li votano. Che sono poi i figli di quel proletariato che i padri degli odierni «borghesi» negli anni Settanta volevano portare al potere, in Paradiso, Quanto di meglio allora che una bella Commissione che schedi i razzisti e gli antisemiti? Purché, attenzione, non si confonda antisemitismo con «antisionismo»: nei beaux quartiers la difesa di Israele si porta male.
Altra bolla mediatica limitata alla Ztl il caso Balotelli. Che ha infiammato gli animi per una sera e una mattina, come nella migliore tradizione del calcio, ma che poi tutti hanno già dimenticato, tranne i vari Giannini e Lerner, che la stanno ancora usando per dare addosso a Salvini e a Meloni, oppure a Verona «città di ultradestra».
E infine il caso Ilva. Mentre la sinistra, anche quella estrema, che si sente ancora parte del « movimento operaio » (e neppure si mette a ridere) era impegnata in diatribe sul tasso di razzismo presente nel paese, il governo, di cui la sinistra in tutte le sue componenti fa parte, riceve uno schiaffo micidiale, senza che abbia nulla da dire: assai ciarliera quando si tratta di diritti di persone che, comunque, devono stare ben lontane dai beaux quartier, nulla ha da dire sulla sorte di migliaia di lavoratori, che forse votano Salvini e Meloni, e che quindi saranno pure un po’ razzisti.