Gli Stati Uniti sembrano osservare dietro le quinte, ma con grande interesse, tutta la partita. E’ difficile pensare apprezzino un candidato di Macron, che si è segnalato più volte – difesa europea, aerei venduti alla Cina – per mosse ostili. Nel giro di pochi giorni Trump prima ha attaccato la politica monetaria di Draghi, giudicata troppo lassista e quindi penalizzante per il commercio americano, e poi ha espresso grande stima alla persona (“lo vorrei alla Fed”). In effetti con un presidente come Draghi, la cui formazione è per larga parte d’impianto americano, l’attuale scontro su avanzi commerciali, dazi, rapporti con la Cina prenderebbe toni e movimenti meno aspri.
Ora, senza un colpo d’ala l’incastro diventa difficile e lascia comunque prospettive incerte. Nel momento in cui Putin, nella mega-intervista al Financial Times, vuole scongelare le relazioni anglo-russe e, atteggiandosi a grande leader ideologico ma dotato di un solido pragmatismo, apre con prudenza a un rapporto più equilibrato con l’Europa, una guida della Commissione autorevole e dal marcato tratto di coesione occidentale potrebbe segnare – finalmente – un cambio di passo.
Antonio Pilati, 29 giugno 2019.