La conversazione di Levant con il funzionario della Royal Bank, offerta in prime time ai telespettatori americani, ha svelato un sistema simile al “redlining” bancario, e inquietantemente affine al sistema di crediti sociali in vigore in Cina. Proprio con Pechino, la Canada Royal Bank intrattiene da anni un consolidato rapporto di affari. Il redlining, invece, è una pratica discriminatoria vigente in molti istituti di credito che consiste nell’erogare servizi finanziari, tra cui mutui, prestiti e assicurazioni, solo ai clienti residenti in determinati quartieri, sulla base di una valutazione unicamente etnica o razziale. Nel caso della banca canadese, il diniego al mutuo sarebbe stato di natura esclusivamente ideologica e politica. Legato all’imbarazzo dell’istituto di finanziare l’attività imprenditoriale di una testata giornalistica sgradita al premier.
“Discriminare qualcuno per le sue convizioni politiche è ancora illegale in America?” – si è chiesto Sean Duffy, conduttore di Fox, già membro del Congresso e avvocato – “Quando puoi essere bannato da Twitter e da Facebook per le tue idee, buttato fuori da internet come accaduto alla piattaforma “Parler”, estromesso nella raccolta di fondi da “WePay”, quale potrebbe essere il prossimo passo della discriminazione in questo Paese? Il Canada può darci un’anticipazione del futuro”.
Ma occhio anche all’Italia. Attenzione a non distruggere, magari col pretesto delle strabordanti normative anti-Covid, ogni tutela della nostra privacy. La tentazione (e la pressione) è già da tempo molto forte. Ma la protezione dei nostri dati sensibili è forse l’unica/ultima polizza di assicurazione che abbiamo contro ogni (im)prevedibile abuso. Politici ed editori, così come i loro finanziatori, farebbero bene ad anticipare il futuro.
Beatrice Nencha, 2 gennaio 2022