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Con gli inchini l’Occidente muore di nichilismo

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Si sta operando un’impropria sanificazione identitaria per rendere asettica la nostra memoria, sottoponendola alla depurazione del politicamente corretto. Una furia iconoclasta vorrebbe smantellare tutto ciò che non è allineabile alla narrazione antirazzista che occulta una becera natura discriminatoria. L’assassinio di George Floyd ha scatenato proteste che si sono declinate nei saccheggi delle città americane e nella devastazione delle icone marmorizzate in statue come quella di Cristoforo Colombo a Richmond (Virginia) e di Winston Churchill a Londra. Strumentalizzare la morte dell’afroamericano Floyd per demolire i simboli della civiltà occidentale è espressione di analfabetismo e oscurantismo storico, che non onora la vittima del poliziotto di Minneapolis Dereck Chauvin, semmai se ne serve per conferire legittimazione morale ad azioni vandaliche che contraddicono la presunta matrice antirazzista dell’organizzazione Black lives matter.

L’assassino di Floyd è stato giustamente arrestato, ma far discendere dalla responsabilità individuale dell’episodio criminale una generalizzazione, che implica la correità universale dell’uomo “bianco”, significa applicare un’aberrazione logica. Per giunta, le statistiche ci informano che le “vittime” della polizia statunitense sono in maggioranza maschi bianchi da cui non si evince un accanimento razzista sugli afroamericani. Quando Pamela Mastropietro fu barbaramente stuprata e il suo corpo vilipeso e smembrato dal nigeriano Oshegale, non venne tramutato il reato personale in una responsabilità collegiale degli africani. In base alle deduzioni arbitrarie di Blm la responsabilità personale dell’omicida è stata convertita nella imputabilità generica dei “bianchi” con un eccesso di semplificazione che esonda nel pregiudizio.

L’inginocchiatoio mediatico, allestito nella teatralità ipocrita della solidarietà verso i presunti discriminati, ha reclutato nell’omologante trending topic i soliti radical chic in versione salottiera. Non è stato il genere umano a pigiare il ginocchio sul collo di Floyd, ma l’agente di polizia Chauvin è stato l’autore del delitto che la legge americana ha incriminato per la sanzione che merita. Le sceneggiate dell’inchino collettivo confessano una subalternità culturale al nichilismo che come un rullo compressore vuole nullificare la storia. Il movimento Antifà Black lives matter con la demolizione dei monumenti innalzati a Churchill e Lincoln, simboli della lotta al nazismo e alla schiavitù, dimostra di frodare la storia a cui non riconosce il contributo dell’uomo “bianco” nel processo di affermazione della libertà e di emancipazione di quelle che erano considerate minoranze.

Chi si rifiuta di inginocchiarsi alla narrazione mistificante rischia di essere accusato di negazionismo o di collateralismo al Ku Klux Klan, equiparando il dissenso all’apologia suprematista. Sta dilagando una propaganda anti-americana nel tentativo di identificare Donald Trump come emanazione dei bassi istinti razzisti. Il radicalismo politico si è impossessato del corpo esanime di Floyd, elevandolo a simbolo asservito alle allucinazioni dell’ideologia antifascista che infierisce sulle icone del passato, come sir Winston Churchill, che hanno salvato l’occidente dalla repressione nazista.

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