Elly Schlein, a sorpresa, ha vinto le primarie del Pd, aggiudicandosi la successione a Enrico Letta e imponendosi su Stefano Bonaccini. Schlein diventa la prima segretaria donna, superando il suo rivale ai gazebo dove l’indirizzo dell’apparato, più orientato su Bonaccini, non ha esercitato quell’influenza che si è infiltrata, invece, nel voto degli iscritti. Le primarie rappresentano un metodo di esercizio democratico che rendono scalabile la guida di un partito e la vittoria della Schlein, contro ogni pronostico, conferma la validità dello strumento di partecipazione.
Tuttavia, la narrazione dell’outsider che sconvolge le gerarchie non può esaurirsi nell’utilità del metodo perché sarebbe monca dell’analisi sul merito del significato di prospettiva politica. Attorno alla giovane neo leader si sono coagulate le minoranze radicali e liberal della sinistra, omologate al mainstream con l’inchino ossessivo al trittico: lgbt+, immigrazionismo e ambientalismo. La Schlein incarna la radicalizzazione di una cultura che eleva la soggettività ad una specie di categoria totemica e sradicante a cui sacrificare ogni concetto di appartenenza. Nella scelta della guida di Via del Nazareno si certifica il trasloco del baricentro politico della sinistra, che ammaina il vessillo dei diritti sociali (lavoro e welfare) per impugnare i simboli dei cosiddetti diritti civili alimentati dal cangiante e illimitato desiderio soggettivo in un orizzonte di “stabile” precarietà esistenziale.
Per approfondire:
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Difficile immaginare che il pragmatismo dei sindaci dem, posizionati sulla mozione Bonaccini, possa convivere con l’astrazione di temi che non hanno alcun effetto benefico sulla quotidianità, semmai ne inaspriscono le difficoltà. L’accoglienza senza limiti dei migranti e avulsa dalla sostenibilità sociale ed economica, l’ambientalismo estremo che conduce a rinunciare alla sovranità energetica e tecnologica e la permeabilità del politicamente corretto in ogni spazio culturale sono fattori ingravescenti dello stato di salute del Paese. Il Terzo polo di Renzi e Calenda può sperare di convogliare su di sé il sentimento riformista che si sente orfano di una rappresentanza nel nuovo corso del Pd, mentre il M5s di Conte rischia di passare dal ruolo di promotore di un’opa ostile sui democrat al compito di resistere ad un’operazione analoga ai suoi danni.
È probabile che assisteremo ad una competizione centrifuga fra il Pd e il M5s per il primato della radicalità con lo spazio mediano sempre più appetibile per le forze politiche dotate di cultura di governo. Il centrodestra se mantiene la propria compattezza come valore irrinunciabile può calibrare un nuovo equilibrio dell’alleanza di governo, considerando i valori che interpreta non alla stregua di un recinto in cui confinarsi ma come una bussola per orientarsi nel mondo che cambia. La torsione a sinistra del Pd apre un’autostrada al governo Meloni. Rimanere in careggiata, con il carburante del decisionismo e con il pilota che non si avventura in sentieri impervi, è un imperativo categorico affinché l’attuale esperienza di governo non sia annoverabile fra gli eventi episodici.
Andrea Amata, 28 febbraio 2023