“Ai fini della salvaguardia ambientale e paesaggistica e del patrimonio storico, artistico, archeologico e monumentale, nonché della sostenibilità ambientale, infrastrutturale, logistica, della mobilità e della vivibilità necessaria alla fruizione dei luoghi da parte della collettività, Roma Capitale può individuare criteri specifici in riferimento a determinati ambiti territoriali per lo svolgimento di attività di natura non imprenditoriale di locazione di immobili ad uso residenziale per fini turistici, nel rispetto dei principi di stretta necessità, proporzionalità e non discriminazione”.
Questa roba illeggibile è una norma di una legge regionale del Lazio appena pubblicata.
Avendo deciso di scrivere un articolo per metterla alla berlina, lo scopo potrebbe essere facilmente raggiunto senza bisogno di aggiungere il commento: è sufficiente la pubblicazione, è una norma che si autodileggia. Già che ci siamo, però, commentiamo. E diciamo che, al di là del merito, si tratta di una vera e propria sublimazione di un modo di legiferare che imperversa nel Paese un tempo noto come la “culla del diritto”.
Fateci caso, c’è tutto il menu. In un italiano stentato e insopportabilmente ridondante, una serie interminabile di parole vuote scopiazzate dal peggio del politicamente corretto e buttate là alla rinfusa per coprire tutto ciò che piace alla gente che piace: l’ambiente, il paesaggio, la mobilità, la mitica sostenibilità, l’indispensabile collettività. E dulcis in fundo, per garantirsi l’approvazione generale, la non discriminazione!
A quale scopo questo prolisso festival di termini buoni e giusti? Semplice, per mettere i bastoni fra le ruote a coloro i quali si permettono di “godere e disporre in modo pieno ed esclusivo” (così il codice civile definisce, ormai dimenticato, il diritto di proprietà) degli immobili che possiedono. E magari cercano di trarne un minimo di redditività mettendoli a disposizione per qualche giorno di turisti in visita nella capitale d’Italia.
Niente, non si può fare neppure questo. La Regione e il Comune vogliono anche decidere quale utilizzo i proprietari debbano fare delle loro case (a meno che non si tratti di imprese, chissà perché). Gli intenti, come sempre, sono nobili. Occorre salvaguardare l’ambiente, il paesaggio, il patrimonio storico bla bla bla. E per farlo, secondo il Consiglio regionale del Lazio, bisogna limitare gli affitti turistici (leggendo il testo, visto come è scritto, non si capisce, ma è l’intento è quello).
Inutile approfondire il merito, non ne vale la pena. Si darebbe dignità a un testo che non la merita. Quel che è certo, sul piano giuridico, è che si tratta di una disposizione palesemente incostituzionale, se solo si ha una minima conoscenza della ripartizione di competenze legislative fra Stato e Regioni. Occorre però che a dirlo sia la Consulta, dichiarando illegittima la norma. Ma prima i giudici dovranno sorbirsene la lettura e cercare di capire quello che c’è scritto…
Giorgio Spaziani Testa, 28 maggio 2022