C’è un problema di “governance” che non riguarda solo l’attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e di Resilienza (Pnrr). C’è una “governance” da recuperare in tutto il processo legislativo del Paese, nel percorso tracciato tra Palazzo Chigi, le Camere e il Qurinale. E l’emergenza che stiamo attraversando non può essere un alibi per distruggere le prassi parlamentari, cosa che invece sta accadendo, regolarmente. Non da oggi. Decreti attuativi mai redatti, decreti-legge convertiti in legge con emendamenti distorcenti, rispetto alla scrittura originaria che giustificava “necessità e urgenza”, marginalizzazione del Dagl (Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi) all’interno della Presidenza del Consiglio dei ministri. Tutto sembra saltato. Ci vorrebbe un time-out.
Il ruolo di Mattarella
Nonostante una vulgata ricorrente, il Capo dello Stato non è solo il “notaio” della Costituzione. La qualità del contributo del Presidente della Repubblica alla produzione legislativa rappresenta una garanzia fondamentale nel nostro ordinamento. Sia per controllare che vengano rispettate le caratteristiche di urgenza e necessità dei decreti-legge, sia per evitare che la loro conversione sia accompagnata da un iter legislativo poco trasparente.
Sergio Mattarella non si è sottratto a questo ruolo di “controllore attivo”. Mi viene in mente la sua lettera ai presidenti delle Camere in occasione della conversione in legge del Decreto Sicurezza bis (2019) circa la congruità delle sanzioni irrogate nei casi di immigrazione clandestina, così come la più recente lettera (settembre 2020) in occasione della conversione in legge del Decreto Semplificazioni, e della introduzione di una riforma del Codice della Strada, attraverso un emendamento incoerente con il resto del decreto.
Mattarella rivolse un esplicito invito al Governo “a vigilare affinché nel corso dell’esame parlamentare dei decreti-legge non vengano inserite norme palesemente eterogenee rispetto all’oggetto e alle finalità dei provvedimenti d’urgenza. Rappresento altresì al Parlamento l’esigenza di operare in modo che l’attività emendativa si svolga in piena coerenza con i limiti di contenuto derivanti dal dettato costituzionale”.
Le perplessità di Napolitano
La criticità rilevata da Mattarella echeggia un problema noto e mai risolto, anzi, solo aggravato. Giorgio Napolitano tuonò dal Colle più volte a tal proposito. Nel 2013, in occasione del decreto Salva-Roma, il Presidente della Repubblica emerito rammentò molte delle perplessità manifestate nel corso del suo primo settennato: “Numerosi sono stati i richiami da me formulati nelle scorse legislature, in presenza di diversi governi e in rapporto con diversi presidenti delle Camere, alla necessità di rispettare i principi relativi alle caratteristiche e ai contenuti dei provvedimenti di urgenza stabiliti dall’articolo 77 della Costituzione e dalla legge di attuazione costituzionale n. 400 del 1988″. Principi, continua Napolitano, “ribaditi da diverse sentenze della Corte Costituzionale. In particolare, nella sentenza n. 22 del 2012, la Corte ha osservato che ‘l’inserimento di norme eterogenee rispetto all’oggetto e alla finalità del decreto, spezza il legame logico-giuridico tra la valutazione fatta dal governo sull’urgenza del provvedere e i provvedimenti provvisori con forza di legge”.
Solo in quest’ultimo anno, sono state 2.267 le modifiche apportate ai decreti-legge Covid con l’approvazione delle leggi di conversione. In questo modo i requisiti di “necessità e urgenza” che giustificano un decreto-legge, finiscono per essere vanificati e stravolti dall’intervento parlamentare se non coerente con i principi che hanno suggerito il provvedimento.
Non è poca cosa. La “governance” di un Paese non è meno importante di quella di un provvedimento pur eccezionale (come il Pnrr), né di quella necessaria al buon funzionamento di una società privata. Quando saltano le prassi, si impongono nuovi interventi regolatori, pena l’affermazione del più scaltro e brutale gestore del potere pro tempore. Per questo c’è da augurarsi che alla fine del settennato di Sergio Mattarella, e in prossimità della fine della Legislatura, possa venire riproposta la questione della “governance” del Paese al Quirinale, a Montecitorio e a Palazzo Madama. Se serve con un condiviso “time-out”.
Antonio Mastrapasqua, 12 maggio 2021