Non sono superstizioso e neanche scaramantico, ma è da molti Capodanni che non resisto alla tentazione di toccar ferro – secondo la migliore tradizione mediterranea – o legno – secondo le tradizioni anglosassone e slave – durante ognuno dei discorsi di Sergio Mattarella che, almeno nelle intenzioni, ma con scadenti risultati, vorrebbero essere augurali. Ogni volta mi ripropongo di non ascoltare il successivo, ma il dovere civico è più forte: come si fa a non ascoltare, e con la massima attenzione, ciò che il Presidente ha da dire alla Nazione? Alla fine, mi siedo e mi appresto all’ascolto con animo speranzoso. La mia prima speranza è che sia sconfessato il detto: chi di speranza vive, etc. Come scrivere su un cartello “vietato leggere”.
Come quelli degli anni precedenti, anche il discorso di fine 2024 è intriso della più stucchevole retorica. La cosa forse non deve sorprendere, giacché le Alte cariche inevitabilmente finiscono col buttarla in retorica; e bisogna essere proprio bravi per scansarla. Impresa non impossibile, tuttavia, come hanno testimoniato rari capi di Stato: Eisenhower, forse perché di formazione militare; Merkel, forse perché di formazione scientifica; ma anche Deng Xiaoping – come dimenticare quel “non importa il colore del gatto purché catturi i topi”? – il quale doveva porre rimedio alla disastrosa Rivoluzione culturale che lo aveva preceduto.
Come ogni retorica, anche quella di Mattarella è costruita su “buzz word”. Mi scuso per l’anglicismo, ma non riesco a trovare espressione italiana che meglio lo rappresenti. D’altra parte viviamo in un’epoca di “buzz word” – sostenibile, inclusivo, integrazione, dialogo, solidarietà, democrazia, accoglienza, resilienza, crescita esponenziale, responsabilità consapevole, consapevolezza responsabile – e Mattarella le usa tutte, o quasi. Ma non dice niente, o quasi niente, di sostanzioso. Che forse, anche nel dire, come nel fare, è il modo migliore per non sbagliare.
Ciò che però mi lascia sgomento è che, pur poco d’interessante esprimendo, le parole del nostro Presidente trasmettono, sempre e solo, tristezza. Ogni anno, per dieci anni, non ci sono stati risparmiati gli elenchi delle disgrazie – alcune vere, altre presunte – di cui l’Italia – o, a volte, il mondo intero – sarebbero vittima. A vederlo entusiasticamente sorridere – vuoi per ricordare qualcosa di piacevole occorsa durante l’anno, vuoi per manifestare l’impegno in qualcosa di costruttivo da intraprendere col nuovo – vi abbiamo rinunciato da un pezzo. Butto un esempio a caso: dire “coraggio, italiani, realizziamo il ponte sullo Stretto, imponente grande opera, una delle più imponenti al mondo!”, no, Presidente?
Una cosa ho apprezzato: quando ha ricordato «gli innocenti rapiti da Hamas e tuttora ostaggi». Quello del 7 ottobre e i molteplici atti di terrorismo del fondamentalismo islamico che hanno insanguinato il nostro Occidente non possono restare impuniti. Epperò, visto che ha deciso di citare la cosa, mi sembra cristianamente riduttivo liquidare Gaza con: «nella notte di Natale s’è diffusa la notizia di una bambina di pochi giorni morta assiderata». Signor Presidente: secondo le cronache che tutti leggiamo, a Gaza ci son stati 40.000 morti, 100.000 feriti e, secondo l’Onu, tre quarti delle vittime sono donne e bambini.
«Mai come adesso la pace grida la sua urgenza. La pace, che la nostra Costituzione indica come obiettivo irrinunziabile, che l’Italia ha sempre perseguito». Già: secondo la nostra Costituzione “l’Italia ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”, ma il custode della Costituzione nulla ha fatto per impedire gli invii di armi in Ucraina ad alimentare la “controversia internazionale” con la Russia.
Afferma che: «L’aggressione della Russia all’Ucraina costringe anche noi a provvedere alla nostra difesa. Perché è l’unica garanzia di una vera pace, evitando che vengano aggrediti altri Paesi d’Europa». Ma è un’affermazione inventata di sana pianta perché – nella storia, nella cronaca, nei documenti – non c’è nulla, ma proprio nulla, che abbia lasciato minimamente sospettare una qualche aggressione all’Europa o, ancor meno, all’Italia.
Vorrebbe derogare al – pur «irrinunziabile» – dettato costituzionale e giustificare l’approccio bellicoso assunto contro la Russia con la scusa semplicistica di metter fine al conflitto. Semplicistica e contraddittoria, direi, giacché, mutatis mutandis, anche l’approccio bellicoso della Russia ha avuto, come scusante, a sentir la Russia, l’obiettivo di metter fine ad un conflitto civile che perdurava da 8 anni.
Nell’elenco delle disgrazie che affliggerebbero l’umanità, Mattarella ha riproposto quella del clima. L’aveva lanciata il 31 dicembre 2019, ma avrebbe voluto ingoiarsi la lingua quando pochi giorni dopo una vera disgrazia colpiva l’Italia e, dall’Italia, il resto del mondo. Anche qui il Presidente manifesta idee poche ma fisse: tre premi Nobel per la fisica (Ivar Giaever, John Clauser e, addirittura con un intervento in Senato, Carlo Rubbia) – e con loro altri 2000 scienziati – gli hanno spiegato che non c’è alcuna emergenza climatica. Eppure lui continua a seguire l’allarme di Greta Thunberg al quale perfino la medesima, ormai cresciuta, ha smesso di gridare.
Nel potpourri della retorica delle cose scontate non poteva non manifestare «angoscia per la detenzione di Cecilia Sala» e segnalare «il valore della libera informazione». Ma la libertà d’informazione non c’entra proprio con la giornalista: essa s’era messa a far giornalismo con comunicati in diretta senza indossare il velo, che è obbligatorio per la legge iraniana.
Per il resto, il discorso di Mattarella è tutto una sequela di: «pubbliche opinioni lacerate, faglie profonde che attraversano le nostre società, realtà che viviamo piena di contraddizioni che generano smarrimento e sgomento, giovani che non trovano alternative, disuguaglianza di servizi tra Nord e Sud, abbandono delle aree montane, bullismo, risse, uso di armi, preoccupante diffondersi del consumo di alcool (sic!) e droghe, espansione della povertà, precarietà e incertezza delle giovani generazioni, suicidi nelle carceri, femminicidi, truffe agli anziani», definite, queste ultime, come «nuovi fenomeni». Per completezza e correttezza, bisogna dire che Mattarella manifesta contentezza per «la riduzione degli omicidi volontari, delle rapine, dei furti nelle abitazioni e per l’ampia (sic!) partecipazione dei cittadini al voto».
Con spirito notarile registra «le lunghe liste d’attesa per esami diagnostici che, se tempestivi, possono salvare la vita» e lamenta le «numerose persone che rinunciano alle cure e alle medicine perché prive dei mezzi necessari», ma non sembra chiedersi come mai. Come mai, per esempio, la metà delle risorse del Pnrr siano devolute alla impossibile e indesiderabile transizione energetica e meno del 10% alla sanità. Come mai abbiamo 3 posti-letto per 1000 abitanti quando in Corea del Sud ne hanno 12.
Alla fine dell’ascolto, due cose mi rimangono: la sensazione di vivere in un mondo parallelo a quello di Mattarella; e, nonostante lui, la consapevolezza di vivere in un mondo colmo anche di allegria.
Franco Battaglia, 2 gennaio 2025
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