La litania del concerto nel giorno della festa del lavoro si ripete anche quest’anno. Che ci sarà da festeggiare non si è capito. Tra stime di crescita al ribasso, spettri inflazionistici, costo della vita raddoppiato e salari fermi all’epoca feudale, il festeggiamento appare sempre come qualcosa di stonato, di fuori luogo. Soprattutto nel puerile quanto furbesco pensiero che, in fondo, tutto si risolve facendosi una bella cantata. Tanto è gratis. Loro sì che festeggiano, i menestrelli atti a intrattenere la folla festosa (quanti disoccupati ci saranno tra quelli che vanno al Concertone del Primo maggio?). La disoccupazione non è qualcosa che li affligge.
Nell’era dell’intelligenza artificiale e del dominio delle macchine non si sa più cosa sia il lavoro. Morto o vivo, marxianamente parlando, esso ha contorni sfumati, impalpabili, come i contratti lavorativi che i giovani devono subire quale osceno capestro per entrare nel “mondo del lavoro”.
Su questo non si ode nemmeno un lamento, nessuno che voglia scriverci sopra un monologo, un intervento da far censurare, una canzone, una poesia. Intristisce il tema. Tanto quanto sono tristi coloro che subiscono questa legislazione lavorativa tremenda ed iniqua, frammentata e profondamente, profondamente ingiusta.
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Nessun fascismo dietro tutto questo, nossignori. Le leggi sulla “flessibilità lavorativa”, così l’hanno chiamata, non le ha prodotte una mente nera, ma un governo di sinistra e il suo relativo ministro. Una nuova sociologia della precarietà è stata innescata. La fondazione della Repubblica degli Stagisti e dei Co.co.co o Co.co.pro. Dell’età pensionabile poi meglio non parlarne.
Una morte rapida è ormai l’unica forma di welfare auspicabile. Vi ricordate le grasse risate della signora Camusso a pranzo assieme al presidente Monti? Quello della riforma Fornero per intenderci. Storia passata, certo. Ieri lo spettro da scacciare era il default. Oggi è il fascismo, grande spauracchio del segretario Landini che non perde occasione per evocarlo quale emblema del male da sradicare in Italia. Tutti i restanti temi cari al sindacato? Non è che se ne vedano poi molte di iniziative in tal senso… si fa quel che si può.
Ma non importa. Tra un Bella Ciao! e un po’ di Hip Hop tutto si dimentica. Quelli che in piazza danno e prendono botte per affermare il loro fiammeggiante antifascismo non hanno mai sollevato le spade in nome di condizioni lavorative e contrattuali più dignitose? In fondo, partecipare al concerto è una forma di lavoro. Il pop sostituirà definitivamente il welfare. Per la gioia di tutti.
Francesco Teodori, 1° maggio 2024
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