Che Salvini sia innocente è fuori dubbio. Lo sanno anche i sassi che svolse il suo lavoro nell’esercizio legittimo delle funzioni di ministro dell’Interno. Si può essere d’accordo o no dal punto di vista politico, ma sotto il profilo giuridico non è pensabile che un ministro che esercita le sue funzioni possa essere condannato in sede penale. Ma questo non è un processo come gli altri. Suvvia, ammettiamolo. È un processo politico. E dunque stasera può davvero accadere di tutto. Ma cosa?
Le ipotesi più favorevoli a Salvini prevedono ovviamente l’assoluzione: piena, se pronunciata ai sensi del primo comma dell’art. 530 cpp; con formula dubitativa, se pronunciata ai sensi del secondo comma del medesimo articolo. La difesa di Salvini è riuscita a dimostrare, benché l’onere della prova in sede penale spetti solo all’accusa, che l’ex ministro dell’Interno non agì da solo, ma in accordo con l’allora presidente del Consiglio Giuseppe Conte e l’allora ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli. In sede di esame testimoniale Toninelli ha inanellato una serie di “non ricordo”, mentre Conte alla fine ha ammesso che il governo – sulla questione immigrazione – aveva una linea comune (benché dettata principalmente dalla Lega).
Mal comune mezzo gaudio? Assolutamente no. Se vengo eletto per fermare il traffico dei migranti è evidente che la mia azione politica in qualità di ministro non può che andare in quella direzione. Ma se il Tribunale di Palermo assolvesse Salvini per il caso Open Arms, sconfessando la Procura, può accadere che qualcuno punti nuovamente il dito contro la magistratura, che si vedrebbe a questo punto accelerare la riforma della separazione delle carriere. E allora potrebbe anche condannarlo, salvo poi risultare assolto in appello o in Cassazione. Ma nel frattempo passano anni e la lotta ultratrentennale politica-magistratura andrebbe avanti all’infinito.
Ma c’è anche una quarta soluzione. Una sentenza pronunciata ai sensi dell’art. 529 cpp, cioè di “non doversi procedere”, in quanto fatti derivanti esclusivamente dell’esercizio delle tipiche funzioni ministeriali da parte di un ministro in carica, censurabili solo sul piano politico e ma non su quello processuale. In questo modo ci troveremmo davanti ad una non-condanna ma anche ad una non-assoluzione. I giudici del Tribunale potrebbero benissimo uscirsene con questa formula che riassumiamo volgarmente: “Non siamo potuti entrare nel merito perché il processo non sarebbe dovuto neppure cominciare. E non abbiamo deciso noi che cominciasse. Non possiamo dire che Salvini è innocente, ma neppure colpevole. Semplicemente non possiamo entrare nel merito”. Et voilà.
Paolo Becchi e Giuseppe Palma, 20 dicembre 2024
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