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Consultazioni: grillini e sinistra a pezzi

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Agnitio, agnizione, è un termine di origine latina che indica il colpo di scena con cui alla fine di un dramma o di una tragedia un personaggio si scopre agli occhi degli spettatori non per quello che si era mostrato ma per quello che effettivamente è. Di fronte alla drammatica situazione di un Paese allo sbando politicamente e socialmente, dopo l’appello all’unità nazionale per la ricostruzione lanciato da Sergio Mattarella, il primo giro di consultazioni fatto da Mario Draghi con le forze politiche presenti in Parlamento ci permette proprio di capire e guardare le cose in faccia, per quello che sono. E di dare perciò un giudizio più compiuto, al di là delle dichiarazioni e retoriche ufficiali, intorno all’identità e alla stoffa morale dei protagonisti della scena politica nazionale. È come se in pochi giorni, appunto, ognuno di loro si fosse finalmente appalesato a noi nella sua verità.

È indubbio da questo punto di vista che i grillini, da una parte, e la sinistra, in vario modo e nelle sue differenti sfumature, dall’altra, ne escono con le ossa rotte. Prima di tutto per non aver compreso lo spirito in cui si muove l’ex governatore delle banche centrali d’Italia e di Europa: che è quello della salvezza nazionale e della tregua politica, e non della contrattazione e delle pregiudiziali.

L’arroganza grillina

Beppe Grillo, sceso a Roma per dare la linea ai suoi e per guidare lui stesso la delegazione pentastellata, si è fatto anticipare da una sorta di programma, folle e bizzarro come si conviene a un comico, che oggi purtroppo non fa neppure più ridere, da proporre a Draghi con tanto di caselle ministeriali da occupare per i suoi. Al grido di “le fragole sono mature”, in modo scomposto e sgangherato – con a fianco un Vito Crimi sempre più spersonalizzato, capace di passare nel giro di poche ore da un “no a Draghi” a un “noi ci saremo con lealtà” (secondo per rapidità forse solo a Giuseppe Conte disposto a superare persino il principio di non contraddizione pur garantirsi uno strapuntino futuro) – si è presentato al cospetto di Draghi scravattato e pieno di sé, come sempre. E ci piace solo immaginare il giudizio etico-estetico che in cuor suo di lui si sarà fatto il presidente incaricato.

Lo smarrimento del Pd

E che dire poi del Pd, un partito senza identità che ha bisogno di costruirsi un nemico per darsene una? Riabilitato Silvio Berlusconi, il nemico era diventato da un po’ di tempo il Matteo nazionale, così bravo a prendere voti soprattutto fra quei ceti deboli che il Pd un tempo rappresentava e che oggi a parole dice di voler tutelare. Da qui l’accusa, sempre pronta all’uso, di “fascismo”. Ingoiare ora il boccone amaro di una sua presenza nella maggioranza di governo, risulta veramente indigesto a Nicola Zingaretti e compagni (e per fortuna che le Sardine tacciono!). E da qui le indebite pressioni, un vero tirar per la giacchetta Draghi, facendo anche circolare ipotesi di un appoggio solo esterno per imporgli in sostanza di cambiare metodo e di diventare il capo politico di un Conte ter senza Conte o al massimo di un governo a maggioranza Ursula con il Berlusca.

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