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Conte, da avvocato degli italiani a Torquemada

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Da avvocato degli italiani a Torquemada, l’inflessibile inquisitore spagnolo del 1400. Si esaurisce così l’improvvisata carriera politica di Peppino Conte che, dopo aver perso la fiducia del Quirinale per la sciatteria nella stesura dei provvedimenti legislativi e di Beppe Grillo, verrà abbandonato, subito dopo le elezioni europee, anche da Matteo Salvini. Il Capitano lo ha difeso nonostante la rivolta del suo popolo del nord, come ripetono ogni giorno i governatori della Lombardia e del Veneto, Attilio Fontana e Luca Zaia, preoccupati dell’andamento dell’economia e per niente sollevati dagli infinitesimali dati Istat, con un Pil che cresce solo dello 0,2%.

Sfiduciando in maniera così maschia Armando Siri per una vicenda ancora tutta da chiarire, Conte smentisce il soprannome di “Sor Tentenna” che i leghisti più spiritosi gli avevano affibbiato. Lo stesso che nell’Ottocento era stato dato a Carlo Alberto di Savoia dallo scrittore Domenico Carbone per l’indecisione manifestata dal re sabaudo nel concedere le riforme liberali richieste dalla nascente borghesia. Carbone pagò con l’esilio il suo epiteto, oggi sarà Conte ad essere esiliato. Il nomignolo se lo era conquistato per le continue ambiguità in politica estera, che di fatto hanno isolato l’Italia, oltre che in Europa, per la farsa sulla Tav, anche con gli Stati Uniti e la Russia per le vicende legate al Venezuela e alla Libia. Prima con Maduro e poi anche con Guaidó, appoggio incondizionato a Serraj e poi anche a Haftar, e magari anche a Moin El Kikhia, ex ministro che gira per Roma candidandosi per gestire ipotetiche elezioni. Nel frattempo il responsabile della Farnesina, Enzo Moavero Milanesi, si comporta sempre più come un capo di gabinetto di un Ministro che non c’è, costringendo il Presidente della Repubblica a mettere continue toppe, da ultimo, con la Francia e con la Commissione Europea.

In Libia la strategia italiana è talmente confusa da spingere l’Eni, unico player italiano nell’oscuro mondo dei servizi, come aveva dichiarato Matteo Renzi, a trattare già segretamente con il generale Haftar, grazie a canali riservati attivati dal primo ministro egiziano Mostafa Madbouly. L’Egitto e l’Eni hanno rapporti di sempre maggior collaborazione, che passano in particolare dal mega giacimento di Zohr e dalle attività di esplorazione e sviluppo dell’azienda nel Sinai. Il Cairo, che continua a non darci nessuna collaborazione per l’omicidio Regeni, è il maggior alleato del generale Haftar il quale, vissuto in esilio per anni negli Stati Uniti in una villa a pochi chilometri dal quartiere generale della Cia, è diventato incredibilmente un punto di contatto tra Donald Trump e Vladimir Putin per una nuova fase in Libia.

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