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Conte dovrebbe chiedere scusa ai cittadini delle bugie dette

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Molti lettori, che mi leggono sul mio blog, sui diversi giornali cartacei e digitali, su Twitter, mi scrivono, alcuni per complimentarsi, altri per criticarmi e sfidarmi. Questi ultimi si dividono fra i sostenitori del Conte Bis (“lei parla sempre di execution, se fosse al suo posto che farebbe?”) e quelli che mi paragonano a uno dei 450 “esperti” (lei che avrebbe suggerito per la ripartenza?)

Bene, ecco le mie risposte (non ho intenzione di aprire un dibattito, sia chiaro ognuno si tenga le sue opinioni, io la chiudo qua):

1. Se fossi Giuseppe Conte mi sarei attenuto al “mio” tweet @GiuseppeConteIT del 6 aprile 2020, 9:17 PM “Dal decreto di oggi arrivano 400 miliardi di liquidità per le imprese, con il #CuraItalia ne avevamo liberati 350. Parliamo di 750 miliardi, quasi la metà del nostro Pil. Lo Stato c’è e mette subito la sua potenza di fuoco nel motore dell’economia. Quando si rialza l’Italia corre”. Preso atto che la potenza di fuoco erano in realtà dei botti di fuochi d’artificio da festa patronale, avrei chiesto scusa ai cittadini delle bugie dette, dei mostruosi ritardi per quattro spiccioli, e mi sarei dimesso. Punto.

2. Come presunto esperto di business e di management avrei considerato le limitazioni dei virologi come indicazioni che era giusto diffondere in modo capillare nella popolazione ma accanto ad esse ci deve essere la posizione del Governo che si assume la responsabilità della totale “riapertura” del Paese. La salute è importante ma la povertà è orrenda (ve lo posso assicurare). Chi è terrorizzato dal Virus resti pure a casa fino alla scoperta del vaccino, è una scelta personale, se può permettersela lo faccia. Nessuno, neppure un virologo, può pretendere però che uno muoia di fame o si riduca ad essere un barbone o vada al Monte dei pegni ad impegnare la fede d’oro o la catenina (toc toc, le code continuano). Non scherziamo.

Il Governo non può distruggere certe attività mettendo vincoli o imponendo layout ridicoli. Per esempio, Ryanair ha deciso, giustamente perché piuttosto non vola, di non rispettare il distanziamento (tecnicamente impossibile a meno di viaggiare semivuoti, e quindi aumentando a valori folli i prezzi). Chi vuol volare alle tariffe di prima, indossi mascherina e guanti, e si prenda il rischio, ovvero stia a casa. Ovvero si compri un Gulfstream.

Così come non si può distruggere un intero comparto, quello della ristorazione, con layout improbabili che fanno crescere a dismisura i prezzi del pasto e crea povertà, uccidendo posti di lavoro. A titolo personale, alle condizioni date non metterò più piede in un ristorante: la socialità vale quanto il piacere di un cibo ben cucinato.

In conclusione, il mio stile di vita non lo delego ai chiacchierati e chiacchieroni membri del OMS o del ISS. Vale l’immortale “Ofelè fa el to mesté. Il mio mestiere di cittadino libero non lo delego a un burocrate, a un virologo, o a un politico. Punto.

Riccardo Ruggeri, 14 maggio 2020

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