Diciamo le cose come stanno. Raccontiamola per bene, la brillante sintesi del governo tra salute ed economia.
Italia in ginocchio
Il Paese non poteva essere messo in ginocchio con un lockdown, come quello di primavera. Per evitarlo, nei mesi estivi bisognava predisporsi in modo tale da contare su un sistema di servizi (trasporti e sanità) capace di tenere botta, in caso di prevedibile aumento di contagi – ancorché, per fortuna, clinicamente meno devastanti di quelli di marzo, almeno per ora. Questo non è stato fatto, nonostante Giuseppe Conte, in conferenza stampa, si sia vantato di aver mantenuto la vigilanza alta, prorogando lo stato d’emergenza, mentre gli italiani, i soliti fanfaroni, stavano sbracando. Bene: se eravate tanto vigili, come mai la sanità è di nuovo al collasso, i mezzi pubblici sono una polveriera virale e le scuole non sono affatto ripartite in sicurezza?
Il risultato dei pasticci di un governo politicamente troppo fragile per affrontare la pandemia, è che ora ci si sta accanendo su quelle categorie di lavoratori che il Pd percepisce come nemiche, usate quali capri espiatori di un fallimento imperdonabile. Con un M5s ammutolito, sfilacciato e un premier più interessato a salvare il salvabile del suo capitale elettorale, edulcorando la serrata, che a difendere i cittadini da ministri stile Ddr e partiti in cerca di vendicarsi degli italiani. In più, con ogni probabilità, queste misure persecutorie non serviranno a contenere i contagi né a “salvare il Natale” (un’altra ridicola casalinata, pensata per far digerire a un’Italia inerme la sua stessa rovina). A meno che non assistiamo all’ennesimo maquillage sui dati, con la connivenza dei tecnici di cui abbiamo imparato a conoscere indipendenza e autorevolezza: ad esempio, il 95% di asintomatici e il numero di guariti potrebbero improvvisamente diventare il focus della comunicazione ufficiale; o le impennate di casi potrebbero non essere più usate per terrorizzare la gente, bensì spiegate come un salto di qualità nel tracciamento e un esito programmato dei tamponi a tappeto.
Dove è finito il vaccino?
In mezzo a questa desolazione, Conte agita la carota del vaccino (ma le “prime dosi”, esattamente, cosa risolveranno, ammesso che arrivino?) e dei ristori agli imprenditori, che sarebbero “già pronti” e arriveranno con bonifico, ma non si sa quanti sono (non è necessario lo scostamento di bilancio, garantisce l’avvocato), o con che criterio e che tempistiche saranno erogati. Speriamo non finisca come con la Cig e i 600 euro agli autonomi.
Da ultimo, aleggia l’inquietante prospettiva che la “solidarietà europea”, la grandeur del Recovery fund, finisca, tra veti incrociati e veleni, come da usuale copione: in un progetto abortito o in un grimaldello per commissariare e spolpare ciò che rimarrà di una nazione che era, pur sempre, un’appetibile superpotenza industriale. La palla passa agli italiani: canteranno sui balconi, staranno zitti, o faranno capire che la misura è colma?
Alessandro Rico, 25 ottobre 2020