Come un bambino delle elementari di fronte a un’accusa di un compagno, Giuseppe Conte chiama la maestra sul Mes. Il leader del Movimento 5 Stelle ha infatti ha accusato il premier Meloni di aver detto il falso sul meccanismo europeo di stabilità, annunciando di “aver consegnato al presidente Fontana una richiesta di istituire un Giurì d’onore” per “accertare le menzogne denigratorie del presidente del Consiglio” in Aula. Nessuna boutade, è tutto vero.
Nel corso del suo intervento in aula, Meloni aveva attaccato Conte affermando che il capo politico pentastellato avrebbe firmato il suo via libera al Mes un giorno dopo essersi dimesso, “senza mandato parlamentare e senza averne il potere”. Un addebito molto grave secondo Giuseppi, così in una delle sue classiche filippiche: “La premier e deputata Giorgia Meloni ha scelto di mentire al Parlamento e a tutti i cittadini: ha sostenuto che il mio governo ha dato l’ok alla riforma del Mes senza un mandato parlamentare, con il favore delle tenebre, quando il governo era dimissionario. La presidente Meloni ha mentito consapevole di mentire, lei era in quel Parlamento, deputata, quando nel dicembre 2020 c’è stato un dibattito parlamentare e una risoluzione”.
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Ma il dettaglio clamoroso della vicenda è il ricorso al Giurì d’onore. “Meloni ha offeso e danneggiato me, il M5s, l’Italia, non lo possiamo accettare”, il suo piantolino. Per l’autoproclamato avvocato del popolo, il Giurì d’onore è chiamato a ristabilire la verità dei fatti: “Abbiamo bisogno di chiarezza, non può passare il principio che in Parlamento si può dire di tutto e le menzogne più denigratorie possano passare”. Insomma, una tattica per fare presa sul suo elettorato e per tentare di offuscare l’immagine del premier, ancora in vetta alle classifiche di gradimento nonostante le patetiche campagne denigratorie orchestrate dalla sinistra.
Ora la palla passa al presidente della Camera, Lorenzo Fontana, chiamato a valutare se ricorrano gli estremi per convocare il Giurì d’onore chiesto da Conte. Il regolamento prevede che “quando, nel corso di una discussione, un deputato sia accusato di fatti che ledano la sua onorabilità, egli può chiedere al presidente della Camera di nominare una Commissione la quale giudichi la fondatezza della accusa; alla Commissione può essere assegnato un termine per presentare le sue conclusioni alla Camera, la quale ne prende atto senza dibattito né votazione”. La sua attività può espletarsi con audizioni e l’organismo è presieduto da un deputato appartenente ad un gruppo ‘terzo’ rispetto alle parti.
Massimo Balsamo, 18 dicembre 2023