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Conte getta la spugna? - Seconda parte

Se i Servizi tra brogliacci e informative, che ‘Giuseppi’ tanto ha cominciato ad amare, lo fanno star sveglio fino a tarda notte, l’Economia è diventata un vero e proprio dramma. Si è esposto personalmente per la cancellazione delle commissioni sui pagamenti elettronici con le banche, che invece lo hanno costretto a sborsare fondi pubblici aumentando, anziché tagliare, i loro guadagni. Si è messo contro i manager delle aziende, a cui voleva tassare le auto, e i proprietari di case per l’aumento delle aliquote, con l’unificazione di Imu e Tasi. Non c’è un lavoratore, dipendente o autonomo, imprenditore o pensionato che si senta rappresentato nella legge di bilancio. Non c’è azienda o settore che non risulti vessato dalla mannaia fiscale. E neppure un collega avvocato, penalista o civilista, che apprezzi il suo tintinnio di manette.

Nelle poche ore di sonno, gli incubi sono ricorrenti e il pensiero di Conte va a Italo Calvino. Chi dell’allegorica trilogia “I nostri antenati” si sente ora di essere? Il Visconte dimezzato, il Barone rampante o il Cavaliere inesistente? O forse tutti e tre insieme, giacché il Premier, si sa, non è mai stato un personaggio monodimensionale. Forse se si ferma un po’, per tornare dai suoi studenti o per qualche conferenza in giro per il mondo, fa un favore a se stesso e agli italiani. Chissà che proprio Mattarella non glielo chieda presto. Al Quirinale hanno ben chiaro quando chiamare il rien ne va plus.

Luigi Bisignani, Il Tempo 3 novembre 2019

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