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Conte, l’ultimo atto della farsa a 5 stelle

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Come ampiamente riportato dalla stampa nazionale, il 16 agosto andrà in onda l’ennesima sceneggiata grillina delle cosiddette parlamentarie. Una vera e propria farsa, dato che Giuseppe Conte, capo politico di un Movimento 5 Stelle in rapida liquefazione,  si sarebbe riservato il diritto di nominare 18 capilista.  La qual cosa, oltre a causare l’ennesimo dissidio interno, ha suscitato l’amara ironia di qualche militante che ancora confida nelle sorti certe e progressive di questi scappati di casa. “La democrazia diretta…da Conte”, scrive un attivista. “Cioè praticamente da uno vale uno e i miei amici valgono tutti”, aggiunge un altro.

Ma al di là delle battute, tutto ciò rappresenta l’ultimo atto di una infinita sequela di azioni discutibili, poche volte, e insensate, nella maggior parte dei casi, che hanno caratterizzato questa forza politica sin da quando ha fatto la sua fragorosa irruzione nella stanza dei bottoni.

Una sequela di disastri che sarebbe superfluo elencare, dato che da tempo essi sono purtroppo sotto gli occhi di tutti. Sta di fatto che, annunciando l’arrivo di un’età dell’oro, con tanto di abolizione della povertà per decreto, gli stessi grillini hanno velocemente disperso un patrimonio di credibilità che si erano conquistati raccontando balle per alcuni anni nella comodità dell’opposizione. E in politica, così come in economia, se non sei più credibile perdi automaticamente la fiducia degli elettori. Esattamente ciò che è regolarmente successo in tutte le tornate elettorali che si sono susseguite alle politiche del 2018.

Una diaspora di consensi che, a mio avviso, potrebbe dar luogo ad un risultato ancor più negativo di quanto gli ultimi sondaggi, che attribuisco un buon 10% al M5S, parrebbero indicare. In primis, occorre sempre sottolineare che gli stessi sondaggi pre-elettorali non tengono conto di una grossa componente di indecisi che, proprio per tale motivo, non esprimono alcuna preferenza.

Tuttavia, una buona parte di costoro, nel momento in cui si trovano nel silenzio dell’urna, nella scelta finale vengono influenzati da ciò che comunemente viene definito voto utile. Voto utile che tendenzialmente può dividersi in tre grandi categorie: voto di governo, voto di opposizione e voto di tribuna o di testimonianza. In sostanza, il cittadino-elettore che decide di sciogliere i suoi dubbi, può decidere di appoggiare qualcuno per farlo governare, qualcun altro per dare più forza alla minoranza parlamentare e qualcun altro ancora perché intende farsi rappresentare sul piano ideologico o identitario, a prescindere dall’effettivo peso politico che quest’ultimo riuscirà ad ottenere.

Ebbene, dopo aver detto tutto e il contrario di tutto, dopo essersi alleati con chiunque pur di restare al potere, e dopo aver dimostrato che nulla di ciò che predicavano era fattibile sul piano concreto, i grillini non sono più credibili né come compagine di governo, figuriamoci, e né come opposizione responsabile. Inoltre, non possedendo alcun retroterra culturale degno di questo nome, fatti salvi gli spettacoli di Beppe Grillo e il bagaglio di tesi qualunquiste che li ha sempre caratterizzati, non credo che un elettorato già ampiamente scottato si accontenti di mandare in Parlamento l’ennesimo grillino a cantare “onestà onestà”.

In tal senso, ciò rappresenterebbe un voto totalmente inutile sotto ogni punto di vista.

Claudio Romiti, 15 agosto 2022