Ve lo ricordate quando Giuseppe Conte diceva: “Nessuno perderà il lavoro”? Era appena cominciato il lockdown e il suo governo, la ministra Nunzia Catalfo e il ministro Roberto Gualtieri ci giuravano che, nonostante la serrata, nessuno sarebbe stato lasciato per strada. Ebbene, l’Istat ieri ha certificato il boom della disoccupazione ad aprile: -274.000 posti in 30 giorni.
Per carità: nessuno pretendeva miracoli, in tutta l’eurozona e pure in America le conseguenze delle chiusure si fanno sentire. Ma avevamo almeno il diritto di non essere presi in giro dalle televendite del nostro Churchill, che dopo qualche settimana di silenzio, ieri ha inaugurato la fase 3 organizzando la consueta conferenza stampa. Con Rocco Casalino sempre a suo presidio, tanto che sembra Conte a essere il suo portavoce e non viceversa, il premier ha sciorinato un roboante repertorio di promesse. Tutte declinate al futuro, ovviamente: “Stiamo lavorando”, “faremo”. Tavoli, discussioni, Stati generali, fumo di Londra da Vittorio Colao, e mai che ti spieghino cosa hanno già fatto per salvare l’economia: lo sconto su bici e monopattini.
In realtà, l’arringa serviva soprattutto a preparare il terreno per le riforme che l’Italia sarà obbligata a realizzare dagli strozzini di Bruxelles, i quali vincoleranno l’erogazione dei pochi spiccioli a fondo perduto del Recovery fund all’attuazione delle loro “raccomandazioni”, debitamente notificate a Roma poco tempo fa. Giuseppi ce ne ha anticipate alcune: ad esempio, la fumosa “digitalizzazione”, che in realtà lui stesso ha ammesso riguardare soprattutto la lotta al contante, come da prescrizioni europee. E, naturalmente, l’evanescente agenda green. Conte si è ben guardato dal raccontarci in cosa consisterà il secondo tempo di questo film dell’orrore: ritorno della legge Fornero e riforma del catasto, con mazzata finale sui proprietari di immobili (quasi tutti gli italiani), oltre a una caterva di eurotasse, che daranno il colpo di grazia alle aziende e con cui finanzieremo i nostri prestiti agli altri Paesi. Giuseppi ha preferito tornare alla sua specialità: il telemarketing di fantasmagorici progetti per la “rinascita”.
C’è davvero di tutto. La riforma del Codice civile – e non riescono nemmeno a risolvere il problema del Csm, monopolizzato dalle faide tra le correnti dell’Anm. Il rientro in classe a settembre con “aule nuove” – e in Italia c’è penuria di scuole non diciamo antisismiche, ma che non cadano a pezzi da sole. L’alta velocità Pescara-Roma, l’alta velocità in tutta la Sicilia – dove mancano pure le strade. Rispondendo alla domanda di una giornalista – e non l’ha nemmeno derisa, è una notizia! – Conte ha addirittura cominciato a vaneggiare sul ponte sullo stretto di Messina. Chissà che ne pensano i grillini, che accusavano Silvio Berlusconi, quando ideò la faraonica opera, di voler fare un favore alle mafie. Adesso si ritrovano il premier che s’impegna a valutarlo “senza pregiudizi”. Ci mancava solo annunciasse la pace nel mondo – la povertà l’ha già sconfitta Luigi Di Maio.
Peccato solo che, nella lista dei desideri del presidente, non ci sia nemmeno un pensierino per il Nord, nonostante sia stato colpito così duramente dall’epidemia. Era chiaro a quale bacino elettorale contino di attingere i pentastellati e i piddini. Unico inconveniente: sono davvero convinti di poter rimettere in piedi il Paese snobbando il suo polmone produttivo? L’avvocato del popolo assume la difesa solo della metà di popolo che pensa possa tornargli utile?
È vero che Giuseppi conta di mettere radici a Palazzo Chigi. Però, per mantenere le sue mille promesse – sacrosante le infrastrutture e la sforbiciata alla burocrazia, per carità – non gli basterebbero dieci anni di governo. D’altra parte, come ci si può fidare di uno che di promessa non ne ha mantenuta neppure una, la più importante? “Nessuno perderà il lavoro”, assicurava alle persone terrorizzate quando quest’incubo è iniziato. E ora c’è chi riceve 2 euro di cassa integrazione. Non ha nemmeno un po’ di vergogna a presentarsi in tv come il motore del prossimo Risorgimento? Anziché gli altisonanti Stati generali dell’economia, Conte faccia quella piccola cosa che gli chiede Carlo Bonomi di Confindustria: abbassare le tasse. Non sarà grandiosa come i mega piani verdi che ha in mente lui, ma ce la faremmo bastare volentieri…
Voi direte: che Giuseppi fosse disposto a spacciare balle pur di rimanere in sella, s’era capito quando ha organizzato il triplo carpiato dalla Lega ai dem, quando è passato dal catechizzare i parlamentari sulla crociata contro l’immigrazione clandestina, all’attribuire la responsabilità delle scelte sul blocco delle navi Ong al solo Matteo Salvini. Noi, invero, confidavamo che in tasca gli fosse rimasto un briciolo di dignità. E invece, ormai, c’è solo la pochette.
Alessandro Rico, 4 giugno 2020