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Conte non abusi dell’emergenza

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Più voci stanno esprimendo l’esigenza di ripristinare la centralità della dialettica parlamentare che è stata appannata dall’eccesso, ai limiti dell’abuso, dei dpcm che stanno incidendo sui diritti costituzionali. Dopo la presa di posizione di giuristi di rango superno come Sabino Cassese, Antonio Baldassarre e Giovanni Maria Flick sul vulnus che i provvedimenti del premier Giuseppe Conte possono arrecare alla Carta costituzionale, si sono sollevate ulteriori critiche sul metodo di gestione dell’emergenza che sta esauturando la sede parlamentare che è rappresentativa della sovranità popolare.

Il Parlamento è stato confinato nell’irrilevanza, spogliato della sua funzione di indirizzo e di controllo sull’attività di governo che, attraverso atti amministrativi non sindacabili, ha inibito l’esercizio di libertà sancite nel Testo sacro della nostra Repubblica. L’eccezionalità del virus pestilenziale impone per una fase temporanea e succinta di avocare il potere decisionale, ma tale sospensione della democrazia formale non può essere dilatata oltremisura senza deturpare risolutivamente l’equilibrio dei poteri e insediare un subdolo autoritarismo. Il presidente della Corte costituzionale Marta Cartabia ha dichiarato che le limitazioni dei diritti «devono sempre essere ispirate a principi di proporzionalità e temporaneità», ribadendo il rigido perimetro di azione che non può essere varcato.

Conte sta ricevendo avvisi autorevoli affinché non abusi dell’emergenza per introdurre un sistema di potere accentrato nella sua persona. Si stanno manifestando esplicite dissociazioni anche fra esponenti che sostengono la maggioranza di governo fra cui Matteo Renzi e serpeggiano malumori nel Partito Democratico che il segretario Nicola Zingaretti fa fatica a contenere. La crisi economica causata dalla pandemia di Coronavirus sta raggiungendo una dimensione allarmante per la tenuta sociale del Paese con possibili focolai di ribellione che si possono scatenare in conseguenza del senso di privazione che sta trascinando nell’angoscia milioni di cittadini.

L’agenzia Fitch ha declassato l’Italia, assegnandoci un rating sul debito sovrano di «Bbb-» in zona contigua al «junk» (spazzatura) bond e tale pronunciamento può determinare un aumento dei tassi di interesse per il rimborso dei titoli di Stato con effetti depauperanti sul bilancio pubblico. La contrazione del Pil viene stimata intorno al 10% nel 2020 con rischi sulla sostenibilità del debito. Il quadro in cui opera il governo Conte è problematico e precario con l’aggravante di una sfiducia generale che rischia di acuire i fattori di destabilizzazione istituzionale, economica e sociale.

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