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Conte travicello è pronto a tutto per la poltrona

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Il premier travicello Giuseppe Conte va alla Camera a fare un discorso di rara tracotanza, rara e patetica: lui è il migliore dei presidenti possibili, ha fatto tutto e più di tutto e solo nell’interesse della comunità, non ha sbagliato niente anzi il mondo lo guarda ammirato.

Davvero? Se lui è l’uomo della provvidenza come si spiegano gli esiti peggiori al mondo quanto a pandemia? E sulla gestione, come si spiegano le mascherine prima da non usare, poi da usare assolutamente ma non ci sono, poi arrivano ma sono cinesi, stessa cosa per i tamponi, le file dei tamponandi lunghe chilometri, gente all’addiaccio anche per 18 ore, infine i vaccini che tutti debbono fare con le buone o con le cattive ma appena arrivano, trasportati da un camioncino dei gelati, subito finiscono? Come si spiega il crollo del sito dell’Inps per erogare i sussidi, quello delle singole casse professionali, i buchi, le incertezze, lo sbando manageriale dell’ineffabile commissario Arcuri?

Come un lockdown prolungato che ha sortito solo distruzione sociale, le trecentomila attività chiuse, il numero incalcolabile di quelle che agonizzano, al punto che il vampiresco Monti, in odore di responsabile, teorizza per conto della Ue la sua definitiva estinzione? Come considerare la pioggia di decreti al limite della legalità, involuti, contraddittori, indecifrabili? Come la pagliacciata delle regioni ridotte a trasferelli da colorare, come le allettanti promesse di soluzioni definitive, “è l’ultima volta che vi imponiamo un sacrificio”, che da un anno si reiterano implacabili? Che pensare della mortificante comunicazione governativa affidata a Casalino, dell’opacità su ogni scelta, della censura nemmeno più strisciante, dei social che, evidentemente per conto di qualcuno, bloccano, azzerano qualsiasi voce dissidente? Come valutare, ancora, il pazzesco oscillare dell’immaginifico comitato tecnico scientifico dove tutti vanno in ordine sparso e fanno a gara per mostrarsi a suon di previsioni apocalittiche?

Come ritenere la rimozione di tutte e ciascuna libertà fondamentale, da quella di muoversi a quella di mangiare fuori, da quella di viaggiare a quella di starsene da soli su un bagnasciuga deserto a pensare alla propria vita disgraziata, chè subito ti piomba addosso un commando di guardie armate neanche fossi uno stragista? Come accogliere lo sfascio sistematico della scuola, i banchi a rotelle, la didattica a distanza che è un inferno? Come la paralisi dei servizi socioassistenziali, l’abbandono a loro stessi e alle rispettive famiglie dei più deboli, gli abbonati alla solitudine, i figli del disagio? Come il mancato congelamento di una pressione fiscale già insostenibile in tempi normali, tanto più letale se nessuno guadagna niente da un anno ormai? Come l’informazione ufficiale terroristica, ansiogena, bugiarda manovrata dal governo? Come il patetismo aggressivo, tipico delle dittature, con cui si irridono e si zittiscono i giornalisti molesti e si premiano quelli spalmati cioè quasi tutti?

Come gli affari intorno alla pandemia e le trame, dal vago sapore golpista, per durare affidati a generali, intrallazzoni e piduisti? Le faide stupide, paranoiche, malate all’interno di una maggioranza che non c’è mai stata, alchimia spericolata, di laboratorio come un virus cinese? Come la disperazione incerta di milioni di esercenti, commercianti, poveri cristi che non sanno di che morte moriranno domani, paralizzati e vincolati a ristori, elemosine che non arrivano e se arrivano non servono neppure a coprire le bollette? Come lo spettacolo inverecondo di un Recovery Plan che non decide niente, che nessuno può prendere sul serio? Come il balletto sulle elargizioni, a caro prezzo, dell’Europa, se, quando e come l’Europa vorrà?

Come il senso di sbando e di rassegnazione di un popolo piegato, criminalizzato, spaventato, come la psicosi diffusa, la depressione endemica, l’impressione, giustificata, di vivere in un Panopticon concepito da un governo, altra impressione tragica, di avventizi e burattini non in grado di fare fronte ad alcuna delle mille emergenze nell’emergenza? Come le menzogne sui protocolli anticovid, l’odio paranoico per chi si ostina a resistere, scegliendo di tenere aperta la propria attività, come dire morire con dignità piuttosto che obbedendo a regole pretestuose e suicide? Come la recita grottesca di una crisi autoreferenziale, psicotica, con vie d’uscita ancora più psicotiche?

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