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Conte, un politico piccolo piccolo

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Giuseppe Conte, in proporzione alla carica, è forse il più insignificante uomo politico che questo povero Paese ha dovuto subire. Se fosse solo insignificante, non mi scomoderei a parlarne. Il fatto è che potrebbe essere anche pericoloso, cosa da non sottovalutare, visti i danni che ha arrecato al Paese intero su ogni fronte, nessuno escluso. La sua pericolosità ha origine nel fatto che la sua smisurata ambizione è inversamente proporzionale alle sue infinitesime capacità. Avvertiva Churchill: «Date un briciolo di potere a un idiota e avrete creato un tiranno». Chiamare Conte “idiota” sarebbe un insulto gratuito, ma nessuno di noi è esente da idiozie specifiche e ognuno di noi ha la sua.

Giuseppi, il ranocchio che si vede toro

Quella di Conte è una sola: è un ranocchio che quando si riflette allo specchio vede un toro. È pericoloso perché i suoi modi affabili e pacati ingannano la massaia di Voghera, in un Paese che è pieno di massaie di Voghera. Anch’io ne fui ingannato quando il pover’uomo si trovò a dover mediare tra due suoi vice che si battibeccavano all’infinito. Smisi immediatamente di commiserarlo quando lo vidi accettare di mantenere la stessa carica con quelli che fino il giorno prima aveva all’opposizione. L’uomo si svelò in tutta la sua natura: premio Nobel dei voltagabbana, impunito mentitore, gelidamente cinico, inverosimilmente opportunista. Tutti pregi, questi, che un vero uomo di Stato esercita con scaltrezza ove vi fosse nella sua mente una strategia che lo trascende, e al cui servizio è disposto a mettere le più spregiudicate tattiche. Ma Conte non è uomo di Stato: lui è uomo per sé, è il ranocchio che allo specchio si vede toro.

La pochezza dell’uomo si manifesta fino alle sue ultime dichiarazioni: «Auspico che il nuovo governo possa formarsi al più presto. Ma è evidente che, essendo molto esteso il quadro delle forze che si dichiarano disponibili ad appoggiare la maggioranza, ne risentirà la coesione tra le forze stesse. Le priorità non cambiano: nuovo decreto Ristori, completare la campagna vaccinale, completare il Recovery plan».

Se Draghi fallisce, Conte gioisce

Qualunque uomo normale che fallisce in un’impresa, difficilmente auspicherebbe che abbia successo chi lo sostituisce. È un fatto umano e perdonabile, che potrebbe non toccare solo gli spiriti superiori per abnegazione altruista, una genìa dalla quale Conte ha dimostrato di essere lontano come la Terra da Alfa Centauri. Qualunque uomo normale tacerebbe o, se dotato di spirito umorista, direbbe: «vada avanti lui che a me scappa da ridere». Invece no. Conte, privo di alcuna barriera morale, sente il bisogno di cercare di convincere gli altri di ciò che lui non solo non è, che nessuno gli chiede di essere. La verità è che se Draghi fallisce Conte gioisce.

Non stanco di mentire, l’uomo si abbandona a cripticismi: «Se il governo godrà di largo consenso parlamentare allora le forze politiche che lo sostengono perdono di coesione». Ma che significa? A Draghi, per evitare aperti litigi, basterà formare un governo di tecnici e nessuno perderà di coesione interna. Tutti, per sopravvivere, salvando la facciata di opporsi a turno, devono solo assicurarsi che il voto al governo non manchi. Avrebbe potuto farlo Conte al suo secondo mandato. Ma, come detto, l’uomo di governo è incapace: non capì neanche che, nell’emergenza, c’era bisogno di un competente alla testa del ministero della Sanità. La sua inettitudine gli dà la responsabilità morale e politica (ovviamente non penale) dei quasi 100.000 decessi da pandemia.

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