Conti alla mano, perché Greta fallirà

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Sono tutti riuniti a Madrid col lodevole proposito di ridurre le emissioni di CO2 e implementare fotovoltaico ed eolico, le tecnologie che dovrebbero salvarci dagli effetti disastrosi dei cambiamenti climatici. La riunione si chiama Cop25, intendendo con ciò che è la 25ma riunione che ci provano. Detto diversamente, le 24 precedenti hanno fallito. Falliranno anche a Madrid.

La Cop25 doveva svolgersi in Cile. Ma da quelle parti avevano deciso di far funzionare le metropolitane solo col fotovoltaico. Non ci sono riusciti, ma il solo tentativo ha fatto lievitare talmente i costi dei trasporti che i cileni si sono incazzati. Ma proprio tanto: il governo cileno ha dichiarato di non essere in grado di garantire la sicurezza a quelli della Cop25 e ha sospeso l’evento. Che è stato spostato a Madrid.

Ove il Segretario Generale dell’Onu ha dichiarato che «tutti i nostri sforzi per combattere i cambiamenti climatici sono destinati al fallimento». Che sono le parole che scriviamo da vent’anni a commento d’ogni Cop successiva alla Cop6 all’Aja. Continua Guterres: «ciò che manca è la volontà politica». Ora, io non mastico la politica, ma il Segretario Onu non sembra masticare l’aritmetica. Cosa esattamente dovrebbe fare la politica? No, perché se non si risponde esattamente a questa domanda, non si può comprendere che costoro delle Cop stanno a perdere il loro tempo e il nostro denaro.

Il settore più promettente per operare significative riduzioni d’emissione è quello elettrico, grazie alle tecnologie rinnovabili e nucleare.  Di queste, la tecnologia più efficiente allo scopo (in termini di rapporto tra emissioni evitate e costi sostenuti) è, piaccia o no, quella nucleare. Se ci fossero dubbi in proposito, il calcolo è presto fatto. In Italia abbiamo speso 100 miliardi d’euri per solo installare impianti fotovoltaici che producono 2 gigawatt elettrici. I quali si sarebbero potuti produrre con 2 reattori nucleari per la cui installazione sarebbero stati sufficienti meno di 10 miliardi. Quindi, nucleare sarebbe la risposta? Purtroppo, no. Dobbiamo continuare l’aritmetica.

Supponiamo quindi che l’intera produzione elettrica mondiale – 2800 gigawatt – sia da nucleare. Dovremmo installare 2200 reattori nucleari (300 GW nucleari ci sono già e altri 300 GW sono già da idroelettrico) col modico impegno economico di, a occhio e croce, dollari 6 trilioni. Nel caso dell’Italia, essa consuma 36 GW elettrici, 30 dei quali prodotti da combustibili fossili: per produrli da nucleare dovremmo installare 30 reattori elettronucleari con un impegno economico di 100 miliardi. Riassumendo, con dollari 6000 miliardi (di cui 100 dall’Italia), il mondo ridurrebbe le emissioni di appena il 30%, che è il contributo alle emissioni dal settore elettrico. Sempreché lo facciamo tutto nucleare. Se poi sostituiamo alcuni dei proposti impianti nucleari con impianti eolici e/o fotovoltaici, la riduzione delle emissioni, a parità d’impegno economico, sarà ancora inferiore (dell’1% se facciamo tutto fotovoltaico).

Di tutta evidenza, agli obiettivi vagheggiati neanche ci si avvicinerà. Capìto questo, appare evidente che il perseguirli non deve neanche cominciare. Farlo, significherebbe rovinarsi economicamente invano: nessuna emergenza climatica sarà scongiurata. È indubbio che le Cop potrebbero chiudersi qua, tanto più che, grazie a Dio, non esiste alcuna emergenza climatica.

Franco Battaglia, Il Giornale 4 Dicembre 2019

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