Si chiama 194-bis ed è l’emendamento proposto dal deputato Nicola Fratoianni con cui si vorrebbe determinare l’istituzione di un’imposta sostitutiva sui patrimoni. Potrebbe essere il colpo di grazia nei confronti dell’unica vera moneta di scambio tra istituzioni finanziarie, politiche ed i cittadini; quella moneta, si chiama fiducia. Ma prima di parlare della fiducia torniamo al 194-Bis.
Eccone le specifiche:
1. A decorrere 1° gennaio 2021 le persone fisiche sono esentate dall’applicazione dell’imposta municipale unica e dell’imposta di bollo sui conti correnti bancari e sui conti di deposito titoli.
2. A decorrere dal 1° gennaio 2021 è istituita un’imposta ordinaria sostitutiva sui grandi patrimoni la cui base imponibile è costituita da una ricchezza netta superiore a 500.000 euro derivante dalla somma delle attività mobiliari ed immobiliari al netto delle passività finanziarie, posseduta ovvero detenuta sia in Italia che all’estero, da persone fisiche, la cui aliquota è stabilita in misura pari a:
0,2% per una base imponibile di valore compreso tra 500.000 euro e 1 milione di euro;
0,5% per una base imponibile di valore oltre 1 milione di euro ma non superiore a 5 milioni di euro;
1% per una base imponibile di valore oltre i 5 milioni di euro ma non superiore a 50 milioni di euro;
2% per una base imponibile di valore superiore ai 50 milioni di euro.
3. Limitatamente all’anno d’imposta 2021, in deroga a quanto previsto dal precedente comma 2, sub lettera d) , per una base imponibile superiore ad 1 miliardo di euro l’aliquota è fissata al 3%.
4. In relazione al minor gettito derivante ai comuni dall’esenzione dell’imposta municipale unica di cui al comma 1, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze viene annualmente rideterminata la dotazione finanziaria del Fondo di solidarietà comunale di cui all’articolo 1, comma 380, della legge n. 228 del 2012, al fine di garantire e distribuire le risorse necessarie a compensare i comuni secondo i criteri di riparto di cui all’articolo 1, comma 448 e seguenti delle legge n. 232 del 2016.
5. Ai fini di cui al presente articolo le persone fisiche e giuridiche residenti in Italia che detengono all’estero immobili, investimenti ovvero altre attività di natura finanziaria, suscettibili di produrre redditi imponibili in Italia, sono tenute sulla base della normativa vigente ed ai fini del monitoraggio fiscale alla relativa dichiarazione annuale. Per le violazioni degli obblighi di dichiarazione di cui al presente comma è irrogata una sanzione amministrativa pecuniaria che va dal 3% al 15% dell’importo non dichiarato.
6. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze da emanarsi entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge vengono definite le modalità e termini di attuazione del presente articolo
Scritto. Nero su bianco. Si può fare? Certo che si può fare, è anticostituzionale, ma lo si può fare, anzi in tanti si ricorderanno come sia stato già fatto dal Governo Amato nel luglio del 1992 quando fu applicata una tassazione del 6 per mille sui conti correnti e del 3 per mille sulle rendite immobiliari. Sembra di tornare al passato. Ed invece siamo terribilmente contestualizzati nel presente. Tutto questo, però, come detto, sarebbe anticostituzionale e lo sottolinea l’articolo 47 della costituzione italiana.
Articolo 47 Costituzione Italiana:
“La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina, coordina e controlla l’esercizio del credito. Favorisce l’accesso del risparmio popolare alla proprietà dell’abitazione, alla proprietà diretta coltivatrice e al diretto e indiretto investimento azionario nei grandi complessi produttivi del Paese”.
La Repubblica incoraggia e tutela. Una patrimoniale fa l’esatto opposto, scoraggia e depreda l’unico ancoraggio che resta agli italiani: il risparmio. Un risparmio che negli ultimi mesi, a causa della paura, dell’incertezza, dell’incapacità di creare visioni e progetti d’investimento si sta accumulando sempre più sullo strumento fiscalmente meno tassato di tutti: il conto corrente. Ormai i numeri crescono di settimana in settimana, ed a questi ritmi è facile pensare che si possa arrivare presto ai 2 mila miliardi di euro di depositi in conto corrente. L’ultimo bollettino dell’Abi, relativo ai dati dello scorso ottobre, parla di un aumento, anno su anno, di ben 149 miliardi.
Italiani inferociti
Insomma gli italiani stanno smobilitando molti dei loro investimenti per tenere tutto a disposizione in caso di necessità. È la paura in questi ultimi mesi a determinare i comportamenti delle persone, la paura per la propria salute, per il lavoro e naturalmente per il risparmio. Ne ho parlato proprio qualche giorno fa in un altro mio articolo. In risposta ho ricevuto tante lettere (tutte firmate) da parte di risparmiatori (lettori) inferociti. Ne scelgo una su tutte, quella del signor Giuseppe:
“Egr. Dott Gasbarro, lei ha centrato il problema. Esco da fondi e non li rinnovo e esco da altre forme di investimento gravate da tasse esose. Meglio tenere i soldi, pochi o tanti, sui conti correnti anche se vi è questa voglia di addentare i risparmi degli italiani. Ho già provato sulla mia pelle il ’92 di Amato essendo allora imprenditore e certamente ancora oggi nutro rancore verso questo personaggio che mi ha, anzi, che ci derubato durante una notte e che non perdonerò mai e provo ancora oggi, a distanza di anni, astio ogni volta che sono costretto per motivi vari a sentire o vedere questo squallido personaggio. Se dovessero fare una rapina modello ’92 con prelievi forzosi per quanto mi riguarda il giorno seguente andrò in banca e ritirerò tutti i miei risparmi in contanti e sono certo che sarei seguito da molti amici e conoscenti. Il tutto sarebbe un bel guaio per le banche…Grazie. Giuseppe.”
Vi sembra che il signor Giuseppe si fidi delle istituzioni, si fidi dello Stato? La fiducia, è l’unico cemento su cui costruire il futuro, l’unico legante in grado di tenere assieme le componenti di un Paese che altrimenti potrebbe implodere su se stesso. Del resto, a proposito di fiducia, due giorni fa l’Istat ha pubblicato l’aggiornamento relativo agli indici di fiducia dei consumatori e delle imprese, eccone i riscontri relativamente al mese di novembre: la fiducia dei consumatori è peggiorata da 101,7 a 98,1. Il peggioramento si è registrato in particolare per gli indici economico e futuro che sono passati rispettivamente da 87,2 a 79,3 e da 104,0 a 98,8.
Indici di sfiducia
Per quanto riguarda il clima di fiducia delle imprese, l’indice (Iesi, Istat Economic Sentiment Indicator) si è ridotto drasticamente da 92,2 a 82,8.
L’indice di fiducia nel settore manifatturiero è regredito da 94,7 a 90,2.
L’indice di fiducia nelle costruzioni è sceso da 142,5 a 136,8.
L’indice di fiducia dei servizi di mercato è sceso da 87,5 a 74,7.
L’indice di fiducia del commercio al dettaglio è cambiato in peggio, passando da 98,9 a 95,2.
Insomma, in quanto a fiducia, non siamo messi benissimo. Ma i numeri citati dall’Istat non tengono conto delle notizie di queste ultime ore, non tengono conto dell’emendamento presentato da Fratoianni e controfirmato da altri deputati. Non tengono conto dell’idea di voler portar via dalle tasche degli italiani una fetta di “sacrifici” che non rappresentano ricchezza, rappresentano l’ancoraggio al futuro incerto cui stiamo andando incontro.
Paura del futuro
Un futuro in cui, e lo abbiamo visto negli ultimi mesi, la sanità non funziona come un tempo, per cui si devono avere le risorse per potersi pagare cure, esami ed eventuali interventi. Un futuro in cui i sistemi previdenziali stanno saltando a causa dei cambiamenti dettati dagli effetti della demografia e che renderanno inaffidabili tutti i conti fatti per calcolare le nostre pensioni. Un futuro in cui temiamo per i nostri figli e nipoti costretti a dover ripagare un “debito pubblico” sempre più alto. Altro che ricchezza. Altro che patrimoni.