Politica

Contro Berlusconi il giustizialismo ha perso

36 processi in 86 anni di vita. Silvio Berlusconi è stato il mirino preferito delle procure italiane

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Un gigante e un visionario in tutto quello che ha rappresentato: politica, imprenditoria, sport. Silvio Berlusconi ritrae una larga fetta di storia italiana, un uomo che ha prevalso sulla forza conservatrice del vecchio e ha determinato un nuovo inizio. Il quattro volte Presidente del Consiglio, il Presidente più vincente della storia del calcio mondiale, l’uomo che ha rivoluzionato le modalità di fare impresa e televisione.

Il ricordo di Silvio Berlusconi

Berlusconi è stato, è e sarà l’archetipo, il visionario, il pioniere per eccellenza. Per gli infiniti campi e attività in cui il suo nome ha segnato un segno indissolubile, un cambiamento vertiginoso, capace di definire un solco tra passato e futuro. Ed è anche per questo che la sua personalità rimarrà tra le più amate e, allo stesso tempo, tra le più odiate d’Italia: in qualsiasi modo, il Cavaliere è stato sulla bocca di tutti. Dai suoi supporter della prima ora, passando per gli avversari che oggi si atteggiano con lealtà, fino ad arrivare ai falchi, rimasti tali fino all’ultimo secondo di vita (ed anche post-mortem).

È addirittura la Procura di Milano a ricordare colui che è stato una delle sue pedine preferite. “Umana partecipazione al lutto di una persona che ha segnato la storia d’Italia”, si legge nella nota diffusa pochissime ore fa. E la cosa fa sicuramente un certo effetto, visto che è proprio nel capoluogo lombardo che Silvio Berlusconi, per trent’anni, ha dovuto difendersi da quell’area di magistratura – da sempre definita “politicizzata” – che lo attaccato anno dopo anno, governo dopo governo.

I processi

Il Cavaliere è stato letteralmente l’uomo più perseguitato del mondo. In 86 anni di vita, si contano 36 processi ed oltre 4.000 udienze. Da All Iberian (finanziamenti illeciti) al processo sui diritti tv Mediaset (frode fiscale), per poi passare al caso Ruby (prostituzione minorile e concussione), sono state solo alcune delle tappe di un percorso giudiziario costellato da assoluzioni, prescrizioni, reati insussistenti, infondatezze, ed una sola condanna definitiva (Mediaset). Quest’ultima, però, connotata da un dato particolare, ovvero quello delle intercettazioni al giudice Amedeo Franco, scomparso nel 2019, che dichiarò la sua contrarietà al verdetto (mai messa agli atti) e soprattutto il suo giudizio su una sentenza definita “una porcheria” politicamente orientata. Un caso che ha portato la condanna dinanzi alla Corte Europea di Strasburgo.

Tornando al punto centrale, il nome di Berlusconi compare per la prima volta negli atti giudiziari nel lontano 1983, quando la Guardia di finanza segnalò un suo coinvolgimento in un traffico di droga. Risultato finale? Inchiesta archiviata. La prima condanna arriva, invece, nel 1990, quando la Corte d’Appello di Venezia lo dichiara colpevole di aver giurato il falso a proposito della sua iscrizione alla lista P2. Il reato, però, venne estinto per amnistia nel 1989.

Per approfondire:

Andiamo avanti. A 10 mesi dalla nascita del governo Berlusconi I, il Cav riceve un invito a comparire guarda caso da parte della procura di Milano: il reato riguarderebbe presunte tangenti pagate alla Guardia di Finanza per occultare attività di verifica alle società Mondadori, Mediolanum, Videotime e Telepiù. In primo grado, Berlusconi viene condannato a 2 anni e 9 mesi, sentenza poi ribaltata in appello e in Cassazione, che riconosce definitivamente l’assoluzione. Una vicenda, però, che segnò un grave terremoto politico per il leader di Forza Italia, visto che è proprio da qui che si delineano le fondamenta della caduta del suo primo esecutivo.

“L’uomo più perseguitato al mondo”

ll 12 luglio 1996, Berlusconi, insieme all’ex segretario del Psi Bettino Craxi, è rinviato a giudizio per l’inchiesta sul presunto finanziamento illecito della Fininvest. La condanna in primo grado è di 2 anni e 4 mesi, ma i giudici d’appello dichiarano la prescrizione in secondo grado, per poi arrivare all’archiviazione del procedimento per il reato di corruzione pluriaggravata in relazione al lodo Mondadori e al caso Sme.

Nell’appello del processo Ruby, dopo una condanna di 7 anni in primo grado, viene assolto dal reato di concussione “perché il fatto non sussiste” e dal reato di prostituzione minorile “perché il fatto non costituisce reato”. Il presidente della corte, Enrico Tranfa, decise poi di dimettersi dopo aver firmato le motivazioni della sentenza, causa il suo dissenso con la maggioranza del collegio. La Cassazione avrebbe poi confermato l’assoluzione. Un’ultima vittoria è arrivata quest’anno, quando a febbraio – nell’ambito del processo Ruby Ter – il Tribunale di Milano lo assolve “perché il fatto non sussiste”.

Tra le archiviazioni, si ricordino poi i procedimenti relativi alle stragi di mafia 1992-1993 (concorso in strage), il caso Saccà relativo ad una presunta corruzione nei confronti di senatori per far cadere il governo Prodi, concorso esterno in associazione mafiosa e riciclaggio, abuso d’ufficio e abuso nell’uso dei voli di Stato, diffamazione aggravata dall’uso del mezzo televisivo ed abuso d’ufficio nell’ambito del caso Trani. Il tutto per una media di un processo ogni due anni e mezzo di vita ed una spesa che, secondo Berlusconi, si aggirerebbe intorno ai 300 milioni di euro. Un vero e proprio mirino delle procure. Le stesse, che dopo decenni di costrutti giuridici poi rivelatisi infondati, lo salutano con “umana partecipazione”.

Matteo Milanesi, 12 giugno 2023

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