Non è una filosofia il problema, ma l’uso che se ne fa. Gli intellettuali della seconda metà del novecento, formatisi nel terreno della filosofia di Karl Marx, non erano realmente legati al popolo (salvo preziose eccezioni), ma furono nella maggior parte dei casi diretta espressione delle classi dominanti, le quali riuscirono a sviluppare e a sedurre i popoli europei con una falsa idea di un’Europa unita, con la quale ottenere il controllo degli Stati tramite le forze politiche nichiliste della sinistra, che “monumentalizzando” correnti storiche passate, come “l’antifascismo”, inventano a tavolino il problema del “fascismo” e del “razzismo”. Motivo per il quale, ad esempio, a febbraio 2020 non vennero applicate immediate misure di prevenzione, al fine di evitare l’ingresso del virus nel nostro Paese.
Ciò che manca è un rinnovamento filosofico che parta dalle classi popolari, probabilmente in quanto le suddette classi sono ormai divenute, col progresso tecnologico e il benessere collettivo, sempre più individualistiche e incapaci di incontro nelle piazze, scambio culturale oggi tendente all’omologazione, a discapito delle diversità che vivevano proprio nelle classi più popolari. Il materialismo dell’odierna società consumistica ha persuaso le masse dei ceti economicamente più bassi con un’illusione intellettuale che è invece propria delle classi dominanti: solo queste sono in grado di fecondare e partorire figure intellettuali che, riprendendo Gramsci, possiamo chiamare “organiche”, cioè che mirano a teorizzare e ideologizzare gli interessi dei ceti dominanti.
Tra questi, il giornalismo, l’ambiente scolastico di ogni livello, le università, e figure di spicco nel panorama italiano, come Umberto Galimberti – stando alle sue posizioni contro le manifestazioni di piazza dei cittadini caduti in miseria, definiti astrattamente “negazionisti”, con il continuo spauracchio e la retorica dei morti. Era questo genocidio dei lavoratori che un intellettuale avrebbe dovuto difendere, e non fare il gioco del potere. Ormai, questo ruolo di intermediario tra il popolo e le classi dominanti è rappresentato dai personaggi del mondo dello spettacolo e dell’intrattenimento. Solo che, di loro, il potere si serve per tracciare le linee guida del pensiero unico.
Ricordiamo tutti la telefonata di Giuseppe Conte a Fedez e Chiara Ferragni, per convincere i giovani a indossare la mascherina. Ma cosa si cela realmente dietro l’obbligo della mascherina? Un modello di società. Una società in cui i popoli non hanno più volto, non hanno più identità, tutto ciò che li accomuna non è altro che la merce come feticcio, lo strumento della sola religione mondiale di cui Amazon è la bandiera.
L’uomo è divenuto merce egli stesso, l’oggetto di lucro di case farmaceutiche che aumentano il numero di malati di malattie spesso più immaginarie che reali. Questo vuol fare il potere: emarginare dalla società chi non sta a questo ricatto e vorrebbe riottenere la libertà, con l’aiuto di media e medici “televisivi”.
Pier Paolo Pasolini lo diceva: “La televisione è un medium di massa, e un medium di massa non può che mercificarci e alienarci”; “Nel momento in cui qualcuno ti ascolta nel video ha verso di noi un rapporto da inferiore a superiore, che è un rapporto spaventosamente antidemocratico”.
Andrea Maddalosso, 13 maggio 2021