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Contro le balle sul clima, 7 domande ai professoroni che rifiutano il confronto

L’Accademia dei Lincei si sottrae alla “sfida” con chi nega l’emergenza climatica. Sette quesiti per loro. Risponderanno?

© piyaset e Tzogia Kappatou tramite Canva.com

Clintel (Climate Intelligence) è una fondazione internazionale che ha lanciato la Dichiarazione mondiale sul clima (Wcd): «Non c’è alcuna emergenza climatica». La Wcd è stata firmata, a oggi, da più di 1800 studiosi (climatologi, geologi, geofisici, astrofisici, fisici, chimici), tutti in qualche modo titolati a valutare, sul piano scientifico, le argomentazioni di chi sostiene che, invece, saremmo in emergenza climatica; e, tra essi, vi sono anche due premi Nobel per la fisica: Ivar Giaever e John Clauser.

Naturalmente, come più volte ho scritto, non è né il numero né la qualità di coloro che sostengono una congettura a rendere la stessa vera: ho citato i 1800 e i due premi Nobel giusto per far notare che la cosa è sostenuta non da qualche isolato stravagante né da persone prive di studi. In ogni caso, però, sono i fatti – e solo i fatti – a dare ragione all’una o all’altra squadra, se così posso chiamarle. Chi vuol saperne di più può leggere il mio libro dall’omonimo titolo, tradotto anche in Inglese e in Giapponese: cercate in internet e trovate l’edizione nella lingua preferita.

Il ramo italiano di Clintel si chiama Clintel-Italia. Il suo presidente è Uberto Crescenti, che è professore emerito di Geologia ed è stato per alcuni lustri Magnifico Rettore. Il Consiglio direttivo di Clintel-Italia ha più volte sfidato l’altra squadra a confronto pubblico. Una volta lo ha fatto rivolgendosi a cinque accademici che si erano preoccupati a loro volta di scrivere una loro Dichiarazione ove allarmavano dell’allarme che quelli di Clintel dicono che non c’è. I cinque furono ricevuti dal presidente Sergio Mattarella, che però s’è sempre rifiutato di ricevere quelli di Clinetl-Italia: la circostanza ha indotto questi ultimi a lanciare, appunto, la sfida. Un’altra volta Clintel-Italia ha sfidato l’Accademia dei Lincei, i cui componenti della Commissione ambiente hanno manifestato – ma solo a maggioranza, non all’unanimità – analoghi sentimenti catastrofisti. In entrambi i casi le sfide non sono state accolte.

La stampa ha informato della sfida e del diniego degli sfidati. Diventata di dominio pubblico, la cosa ha sollecitato Carlo Giovanardi – già vice-presidente alla Camera, senatore e ministro – a farsi parte attiva, fino a telefonare personalmente al Presidente dell’Accademia dei Lincei affinché, nell’interesse del Paese e dei decisori politici che vogliono capirci meglio, promuovesse quel un confronto tra gli esimi membri dell’Accademia e i non meno esimi loro colleghi scienziati di Clintel-Italia in ordine alla questione climatica. Il Presidente Linceo, dopo aver consultato il Consiglio di presidenza, annunciava fumata nera: «rifiutiamo ogni confronto perché la verità sul clima è assodata». La conversazione è stata raccontata dallo stesso prestigioso uomo politico in un articolo del 28 ottobre sul quotidiano La Verità, diretto da Maurizio Belpietro. Giovanardi bacchetta i Lincei, rammentando loro l’articolo 1 dello Statuto dell’Accademia, che verrebbe così bistrattato dalla decisione di rifiutare il confronto. Forse non guasterebbe un’interrogazione parlamentare, visto che si tratta di Accademia nazionale, sostenuta con denaro pubblico.

Comunque sia, trascurando queste cose che ad orecchie levantine possono suonare formali, chiediamoci perché l’Accademia rifiuta quel confronto che, più volte richiesto, è diventato una sfida. La risposta è semplice: l’Accademia sa benissimo di perderla. La cosa la metterebbe in imbarazzo, visto che s’è già spesa con affermazioni e consigli che le toccherebbe rimangiarsi. Fossero gli uomini fatti d’altra pasta, accetterebbero di buon grado – anzi, da uomini di scienza accetterebbero con gioia – l’emergere di verità più vicine alla realtà delle cose.

Ecco di seguito alcune domande imbarazzanti che verrebbero poste loro in sede di quell’ipotetico confronto. Risponderanno a queste domande almeno qui nel blog? Si accettano scommesse.

1. L’Accademia s’è già spesa suggerendo ai governi italiani di intraprendere la via della de-carbonizzazione allo scopo di mitigare il clima. Senonché, il carbonio usato dall’Italia è meno dello 0.9% di quello usato dal resto del mondo, cosicché il suggerimento dell’Accademia, ove attuato, avrebbe effetto nullo sul clima. Addirittura anche la de-carbonizzazione dell’intera Ue avrebbe effetto nullo sul clima, visto che la Ue usa meno del 9% del carbonio usato dal resto del mondo. Insomma la terapia suggerita dall’Accademia non allevierebbe alcun sintomo e men che meno curerebbe alcunché. Cosa hanno da dire in proposito gli accademici lincei?

2. L’Accademia potrebbe rispondere dicendo che la de-carbonizzazione dovrebbe essere globale. Già, ma lungi dal dire che una de-carbonizzazione unilaterale sarebbe inutile e dannosa, i Lincei hanno invece auspicato anche una de-carbonizzazione anche solo unilaterale. Come giustificano questa esortazione?

3. Potrebbero dire che la cosa sarebbe un segnale che indurrebbe gli altri Paesi a seguire il “buon” esempio. E qui sorgono due altre domande. Primo, il “segnale” equivarrebbe non ad una innocua fiaccolata, ma al lancio in un precipizio e conseguente annegamento in un bagno di sangue. Secondo, i Paesi che dovrebbero seguire il “buon” esempio hanno già informato l’universo mondo che non intendono intraprendere alcuna via della de-carbonizzazione. Per dire: se dal 1990, grazie ad una progressiva de-industrializzazione, l’Italia ha diminuito le proprie emissioni del 20%, la Cina e l’India le ha aumentate del 360%. E Cina e India contano per il 40% non per lo 0.9%. Cosa hanno da dire i Lincei in proposito?

4. Un’altra cosa che hanno detto senza arrossire (ripresa a suon di fanfare dall’Ansa) è stata questa: siccome noi Italiani emettiamo pro-capite più di molti altri, allora è innanzitutto nostra responsabilità ridurre per primi le emissioni. Per forza che rifiutano il confronto: emergerebbe pubblica l’imbarazzante svista d’aritmetica, ché il nostro 0.9% è la cosa che veramente conta.

5. Ma veniamo al clima. Secondo i Lincei il clima è oggi pericolosamente caldo. Ma nei periodi interglaciali precedenti il clima del pianeta è stato più caldo, e nel periodo interglaciale attuale il clima fu più caldo di oggi (il lungo periodo caldo olocenico, e i periodi caldi romano e medievale). Cos’hanno da dire in proposito?

6. In proposito hanno lamentato che nell’ultimo secolo ci sarebbe una accelerazione senza precedenti del riscaldamento: un grado in 100 anni. Ma nel “Younger Dryas”, all’inizio dell’attuale periodo interglaciale, le temperature salirono di 7 gradi in 50 anni. E di 1.5 gradi nei trent’anni dal 1690 e il 1720. E negli anni 1940-80 non solo non ci fu alcuna accelerazione, ma non ci fu alcun aumento di temperatura, ma una diminuzione. E gli anni 2000-15 furono anni di “hiatus” climatico. Cosa rispondono?

7. I giorni siccitosi e di ondate di calore di quest’anno hanno destato meraviglia. Ma secondo l’Agenzia di protezione dell’ambiente americana, il decennio 1930-40 fu quello con più alto indice di ondate di calore degli ultimi 150 anni. Cos’hanno da dire in Accademia?

Potrei continuare con altre 7 domande e poi altre 7 ancora. Di una cosa non mi capacito: perché uomini di scienza giunti all’apice delle loro carriere non hanno la forza di ribadire quel «e pur si muove» anche se la frase dispiace al Principe. Cosa hanno da perdere?

Franco Battaglia, 2 novembre 2023