Politica

Contrordine compagne: le donne al potere non vanno più bene

Repubblica vede nero se a governare sono Giorgia Meloni, la sorella Arianna e Patrizia Scurti. Ma non è quello che volevano i fan delle quote rosa?

La Sinistra moralista fa passi avanti: prima non si preoccupava di essere credibile, adesso nemmeno più delle proprie contraddizioni, che rivendica fuor da imbarazzo. Anni, decenni a lagnarsi del patriarcato, troppo poco spazio alle donne nella politica di potere, ma se appena ci arrivano le si tratteggia più o meno da psicopatiche.

Il clan Meloni c’è, è fatto di donne, opera le sue scelte, o non-scelte, che è doveroso sindacare, il governo a trazione familiare è men che mediocre, ma un conto è attaccarlo sulle opzioni di potere, un altro in quanto femminile. Cosa che fa Repubblica con una paginata che, per dire sempre come vanno le cose nell’informazione, non va letta da sola ma in combinata con l’intervista, sulla Stampa, giornale gemello, a Bisignani che ha diverse cose da dire, anzi da ridire, sul regime meloniano; sì che un pezzo come quello di Cappellini acquista un senso più compiuto, più dimostrato nella sua tesi di fondo, che vedremo tra un attimo.

Sono di quelle articolesse, molto lesse, che affondano nel gossip, nel chiacchiericcio risaputo, con qualche implicazione carsica: i soliti ex, le solite storie tirate fuori dai programmi televisivi ficcanaso, non manca l’accenno all’intervista di Bisignani sul foglio gemello, a conferma di un lavoro di equipe; ma la cosa che davvero sembra scandalizzare Repubblica, è che la potente segretaria Scurti, di stretta fede familiare, completa il clan femminile nelle scelte di partito e di governo. Sai che scoperta! Chi comanda decide, chi ha il potere lo esercita. In modo più o meno incisivo, intelligente, opportuno, ma il punto non è questo per la sinistra moralista giornalistica, il punto è che a comandare sono le donne, sono le sorelle.

Come: non si diceva che ci vogliono più donne in politica precisamente per la loro “forza gentile”, la “forza rosa”, e tutte le altre scempiaggini del qualunquismo femminista e genderista? Ma forse a Repubblica non vanno bene più nemmeno le donne-donne, le donne femmine: ci vorrebbero più Luxuria, più Petrillo al potere, un potere che si percepisce, che capricciosamente, in modo egocentrico si reinventa giorno per giorno. Solo che a questa stregua non risultano più ammissibili neppure le Golda Meir, le Thatcher, tutta risma di femminile fascismo; restano giusto le influencer del potere di sinistra, le Schlein con la vanità armocromista, la Sanna Marin che come orizzonte di governo aveva i concerti di Taylor Swift. O le invasate spagnole e francesi, o l’opportunista americana, la Kamala. Pur che siano di sinistra.

Ci sono passaggi a Repubblica che risultano incredibili per la serenissima improntitudine con cui sono stampati: nel giornale del populismo femminile, leggere una frase come “Il cuore del potere ora è come la famiglia di origine senza padri né mariti” provoca una sorta di vertigine: non era quello che i fogli progressisti auspicavano, predicavano, volevano imporre per legge da anni e da decenni? E adesso non gli va più bene perché “il cuore del potere” è sì femmina, ma di un colore inammissibile. E, per dar forza a una tesi insostenibile, destinata a franare sotto il peso della contraddizione ideologica, si scomoda la psicanalisi spicciola: Meloni, questa la tesi, se la abbiamo colta giusta, ossessionata dai complotti e dagli spionaggi (e fino a qui ci può stare, il potere rende paranoici, specie quando lo hai conquistato senza la necessaria maturità ed esperienza), preda di una deriva ossessiva, deviata dalla mancanza del padre, perduto in tenerissima età. Giorgia, sempre se riusciamo ad orientarci nell’informazione psicanalitica di Repubblica, tende ad uccidere nei maschi tutti i padri che non ha avuto. Una, in buona sostanza, che sfronda le foreste del maschilismo tossico.

Non è meraviglioso allora? No, bisogna suggerire il pericolo che a governarci sia una fuori di testa, non più lucida. Non basta attaccare il potere sulla base delle sue scelte, del suo governo o malgoverno, delle esitazioni internazionali ed europee, “una che si chiude invece di aprirsi” come ha scritto ieri Paolo Becchi, autore di un nuovissimo lavoro, “Emergenze e Controlli” (ed. Albatros) da leggere per la densità analitica dei flussi e dei meccanismi del potere, nei quali la comunicazione distorsiva e del controllo ha un ruolo determinante. Meloni va rimossa a causa di possibili deficit razionali, di traumi irrisolti; anche questo uno schema ricorrente nella sinistra moralistica, far fuori i nemici, e perfino i compari nella grande paranoia da Politburo, con l’arma dei sospetti psichiatrici buttati là, abbozzati, tra suggestioni omeriche e freudiane, che male non fa mai.

Ma che si vuole, oggi particolarmente l’analisi politica si fa in questi modi e con questi mezzi. Se si pensa che in America per anni l’informazione schierata a sinistra ha contrabbandato, come spiega Federico Rampini, un presidente nella totale deriva mentale per lucido come la canna di un fucile, nel contempo insinuando anomalie psichiatriche di gravità criminale in Trump (oggi anche Trump non pare più molto lucido, fra presunti cannibali e mangiatori di animali domestici). Per dire che questa non pare una tendenza specificamente italiana, ma anche per dire che simili esagerazioni, simili eccessi finiscono per minare quel che resta delle democrazie occidentali sedicenti pluraliste, tolleranti, razionali, dialoganti: si constata sempre più l’esatto contrario, senonché là fuori c’è un sacco di gente squilibrata che non capisce questo essere un gioco, spregiudicato, cinico ma sempre un gioco tra poteri contrapposti ma omogenei; i tarati, eccitati dall’isteria che avvolte il gioco elettorale, credono sia tutto vero, e, ogni tanto, qualcuno si mette a puntare il “folle” da abbattere.

Max Del Papa, 16 settembre 2024

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