00:00 Don Camillo e Peppone, in tv vanno sempre bene
00:45 Toh, dopo 50 anni la sinistra celebra Guareschi
01:25 L’anticomunismo “non cattivo” di Giovannino e la querela di De Gasperi
03:00 “Giovannino nei lager”, un libro da leggere
04:00 Come lo definirono Togliatti e l’Unità…
Contrordine compagni: che Giovannino Guareschi sia celebrato. Il governatore della Emilia Romagna, Stefano Bonaccini, esponente di spicco del Partito democratico, ha onorato la memoria di Guareschi con un breve ma intenso discorso a Busseto.
Anche la sinistra, con il consueto ritardo di mezzo secolo, pare si sia accorta che Giovannino Guareschi fu un grande scrittore, umorista, vignettista, soldato. Fu anche uomo tutto d’un pezzo. Pronto a: finire in un lager militare pur di non collaborare con i nazisti; esprimere un anticomunismo popolare e comunque addolcito dal cristianesimo; pagare un conto salato per le sue idee eretiche nel mondo della cultura italiana; fare efficacissima propaganda per la Democrazia cristiana in occasione delle decisive elezioni del 1948; entrare in carcere, punizione unica e durissima, per aver diffamato il democristiano Alcide De Gasperi.
I suoi libri sono tradotti in tutto il mondo. I film di Don Camillo e Peppone sono replicati in continuazione e ogni volta fanno ascolti. Mostrano un’Italia divisa ma più gentile di oggi. Il comunista Peppone ha torto e Don Camillo ha ragione. Ma Don Camillo conosce la misericordia di Dio e Peppone, in fondo, sa riconoscere i propri eccessi. Guareschi è il simbolo della provincia italiana (quindi dell’Italia intera). Nelle storie del suo Mondo piccolo, tutti possono riconoscersi. Chi è nato nella Bassa, oltre a sé stesso, può riconoscere anche la bravura di Guareschi nel descrivere il fiume, la nebbia, i pioppi.
In libreria, c’è la strenna perfetta: Giovannino nei lager (Rizzoli, pagg. 460, euro 35). All’interno ci sono la straziante Favola di Natale scritta in prigionia pensando ai figli Alberto e Carlotta; il diario clandestino del lager; e gli scritti del ritorno «alla base». Il tutto corredato da splendidi disegni di Giovannino, spesso accompagnati dalle didascalie scritte dai figli. È una lettura fondamentale per capire quanta forza, orgoglio e dignità ci fosse negli italiani come Giovannino. Era gente che faceva sempre il proprio dovere, anche sbagliando. Le pagine di Guareschi fanno impallidire le carrettate di romanzi neorealisti, neo-comunisti, neo-filosovietici firmati da ex camicie nere passate alla camicia rossa. Fa piacere che Guareschi sia finalmente patrimonio di tutti gli italiani e non di una sola parte. Però sarebbe ingiusto dimenticare che Palmiro Togliatti definì Guareschi «tre volte cretino» e che l’Unità, nel coccodrillo di Giovannino, scrisse del «melanconico tramonto dello scrittore che non era mai nato».
Alessandro Gnocchi, Il Giornale 17 novembre 2018