Negli anni Settanta la sottocultura populista del Pci puntava sui giovani, li blandiva, li lusingava nel chiaro intento di farne tesserati, elettori ma, ancor più, di colonizzarne sensibilità e opinioni secondo insegnamento gramsciano. Essendo all’epoca imperante la sottocultura comunista, il gioco riusciva oltre le aspettative e siccome c’è sempre qualcuno più puro che ti spazza via i più fanatici e esagitati sfuggivano a sinistra dandosi in pasto ai movimenti terroristici o nell’alone della sovversione. In altre parole, al Pci si scoperchiò il vaso di Pandora e per un bel tempo non riuscì a chiuderlo né col condizionamento moralistico né con le ronde e i servizi d’ordine del sindacato o la paranza militare di partito.
Oggi, anno nefasto 2020, la sottocultura populista del Pd 5 Stelle punta ancora sui giovani ma per ammazzarli, per stroncarli sotto colate laviche di manicheismo. I giovani da “nuovo proletariato” a cialtroni viziati, debosciati da discoteca e da movida, primi e unici responsabili del contagio che non c’è o se si preferisce c’è ma non ferisce, non è paragonabile alla falcidie di un Covid invernale tutto ancora da capire, da arginare, da curare. Il motivo è presto detto. I giovani non votano più a sinistra, tranne nei serbatoi conformisti dei Parioli e delle altre zone a monopattino elettrico imposto; quelli che ascoltano la vecchia Fiorella Mannoia o l’emergente Motta, evitabile, inesistente nell’arte ma ben piazzato nel circo da festa dell’Unità.
I partiti fanno i loro calcoli. Persi i giovani, il target mercantile è quello dei migranti e di questi è vietato riferire i contagi veri o potenziali. I migranti che non migrano, che fuggono da guerre perlopiù inesistenti non sono infettati e non infettano: i monatti sono i giovani nostrani sui quali conviene dirottare emergenza e conseguenze. “Non fatemi fare la parte del maestrino” dice il ministro Speranza, che pare un precario della salute; poi parte con la retorica dell’irresponsabilità addossata ai giovani. “Negazionisti”, che sarebbe a dire aguzzini da Olocausto. Tanto per tenersi bassi. Tutto il resto, i pezzi di stoffa che non proteggono, le proiezioni e le cassandrate scentrate dei virologi da salotto, il virus che, come il presidente Giuseppi, agisce col favor delle tenebre, nella notte come il ladro biblico, tutto è pretesto e serve a un grumo di scopi, nessuno dei quali raccomandabile ma tutti evidenti al punto che nessuno si dà la pena di nasconderli. Come il critico d’arte organico Tomaso Montanari – ma perché questi neocomunisti di risacca e di censo hanno tutti il vezzo della consonante mancante, Tomaso, Mariana? L’hanno messa in un caveau a Lussemburgo? – che non si fa scrupolo a dire: “Col Covid non bisogna votare”.
No, non bisogna votare e non bisogna tornare a scuola perché quella caricatura di ministro naviga allo sbaraglio, e bisogna chiudere la filiera del divertimento, più o meno sbracato, perché ci sono 4 intensivi al giorno e 50 contagiati su 60 milioni e i morti vengono attribuiti al Covid e poi si scopre che sono morti per tutt’altri motivi, e il virologo candidato Lopalco riferisce di epidemie pugliesi che nessuno ha visto e quando lo sbugiardano non fa una piega. Insomma più teniamo alta l’isteria e meglio è, abbiamo solo da guadagnarci: tutto si tiene. E qui si capisce una cosa, che l’insofferenza montante non è temerarietà, non volontà di nuocere ma odio a pelle, a istinto per le imposizioni sempre più assurde, per il neoconformismo di regime, per insofferenza a pelle per il populismo moralistico, per il controllo sanitario, per il terrorismo autoritario. È il governo che ha scatenato una guerra di pensiero e di opinione; è il governo che ha imposto vincoli sempre più soffocanti e demenziali e ingiustificati; è il governo che ha martellato con una propaganda allucinogena; è il governo che ha abusato, fino allo stupro sociale, dei suoi poteri per stritolare libertà sulla Carta garantite; è il governo che ha sbagliato strategia economica nella crisi e ha palesato il suo odio per l’iniziativa privata; è il governo che ha scelto di andare ai materassi, di truccare le carte per imporre se stesso colpevolizzando chi si ostina a ragionare, a lavorare, a vivere.
Siamo al punto che se una donna rifiuta di infilarsi la mascherina nella sua macchina privata, imbarcandosi su un traghetto, il comandante blocca la partenza, chiama i carabinieri, la classica sceneggiata degli zelanti, dopodiché la malcapitata viene macellata sui social in una furia che non ha più niente di razionale, di umano: non discutono sull’opportunità, le dicono, in un mare di insulti da trivio: devi obbedire, devi fare quel che devi fare.
È il governo che ha imposto questa guerra. Il governo e nessun altro. Oggi il dibattito sulla reale efficacia dei tamponi, dei presìdi, delle misure preventive non c’è e non può esserci perché non ne esistono i fondamenti scientifici e logici: il potere ha imposto il suo gramscismo virale esigendo obbedienza cieca e scatenando il killeraggio per i dissidenti, primi dei quali i giovani da non corteggiare più. Ma nel Fermano, centro del centro Italia, circolano voci inquietanti: chiuso il lockdown a maggio, le autorità avrebbero intrapreso nella massima discrezione uno screening sugli extracomunitari, secondo prescrizioni discese dal Viminale: i risultati pare siano traumatici, il quadernino coi positivi sarebbe lievitato a un volume da pagine gialle.