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Contrordine compagni, il film di Zalone è antisovranista

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“Non l’ho visto e non mi piace”: è la vecchia battuta riferita a certe recensioni cinematografiche scritte con l’inchiostro del pregiudizio. La sinistra italiana e i suoi spompatissimi intellettuali di riferimento stanno riuscendo a fare addirittura di peggio, alternando giudizi positivi e negativi su uno stesso film (badate bene: non ancora uscito nelle sale!) solo sulla base della sua presunta utilizzabilità politica pro o contro Matteo Salvini.

Stiamo parlando di Tolo Tolo, il nuovo lavoro di Checco Zalone, che si occuperà anche del tema dell’immigrazione, raccontando la storia di un italiano che fugge in Africa per sottrarsi ai debiti e poi – un po’ tragicamente, un po’ comicamente, par di capire – condivide con migranti veri l’esperienza del viaggio verso l’Europa.

Sta di fatto (prima ondata) che Zalone è stato massacrato a sinistra, per tre lunghissime settimane, a causa della canzoncina-teaser del film. Il motivetto e il relativo video, che pare non abbiano granché a che vedere con il contenuto della pellicola, sparano (a mio parere, meravigliosamente) in tutte le direzioni: contro le furbizie di certi campioni del politicamente corretto, ma anche contro le esagerazioni dell’italiano medio, contro alcune paure eccessive di ognuno di noi. Risultato? Apriti cielo! A sinistra, Zalone è stato immediatamente accusato di intelligenza col nemico (cioè Salvini), ed è partito un processo mediatico dai tratti irresistibilmente comici (più di Zalone stesso!).

Adesso, da due giorni, è partita la seconda ondata, uguale e contraria, scatenata in buona misura dalle stesse testate che avevano accompagnato la prima. Che è successo? C’è stata – per critici e recensori “ufficiali” – una prima visione del film e, a quanto pare, ci sono dei passaggi interpretabili come una (moderata) preoccupazione di Zalone per il fascismo come malattia carsicamente destinata a ricomparire nell’animo degli italiani (ma curabile, ha precisato il comico). È bastato questo affinché partisse una surreale “riabilitazione” di Zalone, costretto in conferenza stampa, insieme al produttore del film, a precisare in tutte le salse di non aver fatto un film anti Salvini.

Scopriremo come stiano le cose solo andando al cinema. È possibile che Zalone – furbissimo – abbia concepito il teaser in una direzione e il film in un’altra. È altrettanto possibile che Zalone, pur coraggioso da sempre, abbia in qualche passaggio ceduto al politically correct imperante. O infine è possibile – nel dubbio, propendo per questa terza possibilità – che anche nel film questo grande comico abbia colpito in tutte le direzioni, un po’ per comprensibile attenzione a ogni potenziale fascia di pubblico, e un po’ perché (per sua e nostra fortuna) Zalone non è un propagandista pro o contro nessuno. Lo scopriremo nei prossimi giorni.

Ma per il momento resta sulla scena un solo spettacolo irresistibilmente comico: quello dei censori che diventano elogiatori, dei pm che si trasformano in avvocati difensori, degli stroncatori che si fanno sviolinatori, solo in base alla loro percezione sull’utilizzabilità propagandistica del film in un senso o nell’altro. Sia detto con franchezza: si tratta di un’esibizione ridicola. E c’è da sperare che sia proprio Zalone, se e quando vorrà, a raccontare a modo suo questa scenetta da cattivo avanspettacolo.

Daniele Capezzone, 30 dicembre 2019