Pochi giorni fa i democratici di Biden sono stati sonoramente sconfitti in Virginia, uno stato del vecchio Sud conservatore che, nelle precedenti elezioni, si era invece spostato a sinistra. Il risultato elettorale è stato ampiamente discusso dalla stampa internazionale, quasi monolitica nel suo sostegno a Joe Biden. C’è una frase che mi ha particolarmente colpito. Edward Luce sul Financial Times ha spiegato come il vittorioso candidato repubblicano avrebbe convinto gli elettori facendo campagna contro una altrimenti “poco conosciuta Critical Race Theory”. La Bbc usa quasi le stesse parole: “Una teoria conosciuta da pochi accademici”.
Il concetto è stato subito riproposto dai nostri inviati. Massimo Gaggi sul Corriere spiega come i Repubblicani abbiano usato la Critical Race Theory come “spauracchio”. Il messaggio è chiaro: ecco il solito politico di destra, reazionario e probabilmente razzista, che vince le elezioni sfruttando la paura di qualcosa che in realtà non esiste o è del tutto marginale. Ci prendono per scemi?
Cos’è la Critical Race Theory
La Critical Race Theory è alla base di tutto il nuovo rigurgito di politicamente corretto che abbiamo più volte denunciato su questo sito negli ultimi anni. È il bacio non consensuale a Biancaneve. È il movimento Black Lives Matter. Sono le donne diventate “persone con le mestruazioni”. È l’attacco a tutto ciò che considerato bianco, dalle statue, alla Storia, alle conquiste sociali e scientifiche, fino al concetto stesso di meritocrazia. Per capire quanto sia ormai diventata pervasiva la Critical Race Theory, avete presente il recente twitter della Murgia contro Ricolfi? “Il clitoride ha 8000 terminazioni nervose, ma ancora non è sensibile quanto un editorialista italiano maschio bianco eterosessuale quando sente minacciato il suo privilegio“. Stucchevole certo, ma notate il ragionamento di cui temo la Murgia non sia neanche del tutto consapevole.
Perché Ricolfi è un privilegiato? Perché è ricco? Perché ha un contratto da giornalista? Perché ha amici potenti? No, è privilegiato in quanto maschio bianco e eterosessuale. Questa in sintesi è esattamente la Critical Race Theory (d’ora in poi CRT).
La CRT non è come scrivono ridicolmente sul Corriere della Sera, “una rilettura della Storia considerando gli effetti del razzismo”. La CRT parte dal presupposto che il nostro modo di vedere la realtà sia filtrato dalla narrativa delle classi dominanti. La società è vista come una piramide divisa in oppressi e oppressori. La grossa novità, rispetto a Marx, è che dominatori e dominati non sono più identificati rispetto alla loro posizione economica ma dalla loro identità etnica e di genere.
Neri “buoni”, bianchi “cattivi”
Ecco perché si arriva all’assurdo che l’afroamericano milionario (vedi l’ex giocatore di football e ora attivista Colin Kaepernick) è un oppresso. Invece il senza casa disoccupato è un privilegiato perché è maschio e bianco, proprio come sottintende il post della Murgia. Alla base della piramide ci sono, a vari livelli di vittimismo, afroamericani, donne, Lgbt e minoranze in generale. Questi sono i “buoni”. Praticamente tutti, tranne una categoria. Gli oppressori per antonomasia in cima alla piramide: i maschi bianchi, i cattivi. Gli “Stupid White man” come già scriveva il regista Michael Moore. Guarda caso, minoranze, Lgbt e donne sono le categorie sociali che in America tendono a votare democratico (e, nel resto dell’occidente, la sinistra). I maschi bianchi invece tendono a votare repubblicano.
CRT, spauracchio dei democratici
La CRT è quindi politicamente molto conveniente per la sinistra. Mette sul banco dell’accusa gli elettori del partito avversario, mentre assolve i propri, glorificandoli come vittime e aumentando il loro risentimento sociale e quindi il loro attivismo. Ci sono tanti maschi bianchi che in America sostengono la sinistra, certo. Non a caso si tratta, tendenzialmente, dei college educated: un modo edulcorato per dire i più ricchi. Per costoro la CRT è un prezzo da pagare volentieri per vincere le elezioni. Sono le nuove élite. Sono tecnologicamente inseriti, conoscono i social. La loro agiatezza e cosmopolitismo li illude di poter uscire indenni dal crollo del senso di identità nazionale. Soprattutto, per mantenere il potere, hanno bisogno dei voti delle minoranze contro quello che considerano il vero nemico… la working class, che infatti in tutti i paesi occidentali si è ora spostata a destra.
E, tornando alla Virginia, questo spiega il nuovo voltafaccia narrativo. Quando le assurdità della CRT fanno invece perdere voti e potere, ecco che diventa improvvisamente “marginale”. Un pretesto… Esattamente quando prima si proclama Defund the Police!. Poi di fronte alla ampiamente prevedibile impennata di morti e criminalità (che fanno perdere consenso e voti) si corre ai ripari dicendo: “Ma no, si trattava chiaramente di una provocazione. Non volevamo veramente abrogare la polizia”. Gli stessi giornalisti che pochi mesi prima scrivevano: “Sì vogliamo dire proprio quello”. Non vi fate ingannare.
Stefano Varanelli, 12 novembre 2021