Domenica scorsa, in quel dell’Auditorium Parco della Musica di Roma, si è conclusa la tredicesima edizione di “Libri Come – Festa del Libro e della Lettura”. Trattasi di una classica passerella in cui si raccoglie il meglio dell’intellighenzia di sinistra. Quella stessa intellighenzia che, dopo essersi riempita la bocca per anni con il principio supremo della libertà, non ha poi avuto nulla da eccepire nei riguardi di un regime sanitario che ci ha tolto la medesima libertà con un semplice tratto di penna. Una evidente schizofrenia che pure nel corso del citato evento si è evidenziata in maniera clamorosa, segnalando per l’ennesima volta che in questo disgraziato Paese oramai vale tutto e il contrario di tutto.
Proprio alla fine della manifestazione, gli intervenuti hanno potuto ascoltare in collegamento dall’Ucraina un accorato discorso dello scrittore Andrei Kurkov, il quale ha concluso il suo intervento con queste parole: “Per noi ucraini la libertà è sempre stata più importante della stabilità e, in questi giorni, stiamo dimostrando che per noi la libertà è più importante anche della vita”. Segue una vera e propria ovazione in sala, così come è stato sottolineato in un servizio andato in onda sul Gr di Rai Radio 3. Una ovazione analoga a quella raccolta il giorno precedente da Beppe Severgnini e Francesco Paolo Figliuolo, intervenuti per presentare il loro “Un Italiano”, ennesimo libro sul pasticciaccio brutto di una pandemia infinita.
Orbene, mentre questi due personaggi rappresentano a tutto tondo, vuoi per convinzione e vuoi per ossequio agli ordini ricevuti, la dominante cultura sanitaria, nella quale qualunque restrizione trova la sua giustificazione nella preservazione di una esistenza puramente biologica, l’intellettuale ucraino esprime una visione diametralmente opposta, in cui la libertà assume un valore assoluto non negoziabile. Quindi Kurkuv, senza mezze parole, ci dice che non è disposto a barattare la vita in cambio della libertà, contrariamente a ciò che i sinistri sostenitori delle restrizioni sanitarie ad oltranza hanno entusiasticamente propagandato per oltre due anni, cantando dai balconi ed esortando un popolo terrorizzato a restare chiuso in casa.
Si tratta evidentemente di una delle tante, colossali contraddizioni presenti nella galassia culturale di un progressismo italiano della caciotta sempre più double face, per il quale la libertà sopra ogni cosa vale solo per gli eroici ucraini, non certamente per noi italiani, visto che siamo ancora alle prese con tamponi, mascherine, green pass semplice, green pass rafforzato e chi più ne più ne metta.
Claudio Romiti, 17 marzo 2022