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Coronavirus, la verità nascosta sul primo caso in Cina

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Di fronte all’emergenza Coronavirus che sta vivendo il nostro paese, l’Italia rischia di finire di male in peggio; mentre l’Unione europea è incapace di aiutare il nostro paese in un momento di estrema difficoltà, nell’isteria collettiva che è purtroppo una delle conseguenze di questa emergenza, assistiamo a un elogio generalizzato verso la Cina per l’invio di un aereo con dotazioni sanitarie e nove medici.

Cerchiamo però di essere razionali e vedere come stanno davvero le cose. Anzitutto la Cina non ha donato mille ventilatori polmonari all’Italia ma sono stati acquistati dal governo italiano con un regolare contratto. Bisognerebbe poi smettere di elogiare una dittatura che ha gravi colpe nella diffusione del virus a causa degli interventi tardivi, che ha silenziato e arrestato i medici di Wuhan che per primi hanno denunciato il pericolo del Coronavirus e non rispetta i diritti umani.

È di oggi la notizia diffusa  dal South China Morning Post, in base a documenti governativi consultati, che il primo caso di Coronavirus in Cina risalirebbe addirittura al 17 novembre. Il Partito comunista per quasi due mesi ha nascosto la verità riconoscendo solo il 12 gennaio pubblicamente l’epidemia, nonostante da novembre ogni giorno venissero rilevati da 1 a 5 nuovi casi: “Il 27 dicembre, Zhang Jixian, un dottore dell’Hubei Provincial Hospital of Integrated Chinese and Western Medicine, comunicò alle autorità che la malattia era causata da un nuovo Coronavirus. A quella data, più di 180 persone erano contagiate e alla fine del 2019 i casi erano 266, saliti a 381 al primo giorno del 2020”.

Incredibile poi l’accusa lanciata dal presidente Xi Jinping che, senza nessuna prova, sostiene il virus sia stato portato dagli americani nel mondo. Un attacco che guarda caso arriva dopo il discorso di Trump e dopo le parole del Consigliere per la sicurezza nazionale della Casa Bianca, Robert O’Brien, secondo cui la Cina avrebbe agito con lentezza nell’affrontare l’epidemia e, se avesse “seguito i protocolli”, il mondo avrebbe avuto due mesi di tempo in più per organizzarsi.

Il gesto di solidarietà della Cina con l’invio di medici e materiale sanitario all’Italia, non può però cancellare queste evidenze e un elogio del modello cinese è oggi quanto meno fuori luogo.

Francesco Giubilei, 13 marzo 2020